Jair Bolsonaro minaccia i diritti, la dignità delle donne. E più in generale la democrazia. Per questo, dopo la grande manifestazione del 29 settembre e a maggior ragione, perché nel frattempo il candidato neofascista del Partito social-liberale (Psl) ha trionfato al primo turno delle presidenziali, associazioni e collettivi sono tornati a riempire ieri le piazze di decine di città brasiliane in appoggio a Fernando Haddad, che al ballottaggio del 28 ottobre cercherà di recupare il margine che lo separa dall’uomo «forte» su cui puntano i militari. E di certo gli imprenditori che hanno investito 3,2 milioni di dollari per inondare l’elettorato via WhatsApp di fake news screditanti il Partito dei lavoratori.

E mentre vengono chiusi i gruppi fasulli alla base della frode cibernetica, la giornalista della Folha de S. Paulo che ha denunciato lo scandalo «caixa 2», Patrícia Campos de Mello, è oggetto di insulti e minacce sulla rete. Il Tribunale supremo elettorale indaga, ma appare improbabile il cartellino rosso per Bolsonaro. Comunque se ne riparla eventualmente dopo il ballottaggio. «È una corte analogica – si è lamentato ieri Haddad – incapace di gestire uno tsunami cibernetico come questo. Ma è gravissimo che il nuovo Congresso sia stato eletto sulla base di questi messaggi. Un’operazione costata denaro, denaro non dichiarato».