Il grande affare degli appalti pubblici assegnati con procedure d’emergenza, così sospendendo controlli e norme di salvaguardia non riguarda solo le grandi opere come il Mose, l’Expò, la Tav. Anche opere minori ma non meno delicate e strategiche sono state costruite con il solito infame sistema. Il manifesto aveva già denunciato il caso del deposito provvisorio di scorie nucleari della centrale atomica di borgo Sabotino a Latina.

Ora il mistero si infittisce di un nuovo inquietante capitolo. Seguendo infatti le tracce dell’appalto iniziale per la realizzazione del famoso deposito provvisorio pontino, indetto dalla Sogin, società al 100% dello Stato che si occupa dello smantellamento dei siti nucleari in Italia, si arriva addirittura in Svizzera, e per la precisione a Lugano.

Ma procediamo con cautela. Dopo l’articolo del manifesto, in maniera anomala, la Sogin è rimasta in rigoroso silenzio. Almeno ufficialmente. Essa infatti ancora non ha chiarito alcuni aspetti della vicenda, a partire dal passaggio tra l’appalto affidato al Consorzio stabile Aedars di Roma e il subappalto finito nelle mani della Silce Srl dei fratelli Angelo e Antonio Salzillo, residenti a Cancello ed Arnone (Caserta). Sia chiaro: ai sensi di legge l’appalto della Sogin era subappaltabile, ma rispetto agli oltre 4 milioni di euro aggiudicati per i lavori del primo bando (con un ribasso del 23% rispetto all’offerta – Iva esclusa) non è stata fornita alcuna indicazione sul valore e sulla percentuale subappaltata. In sostanza non si sa chi ha pagato chi e soprattutto cosa, vista una enorme contraddizione che fa da sfondo all’intera vicenda. Da un lato la Sogin è stata costretta ad indire un nuovo bando per ultimare l’impianto, costruito incompleto e imperfetto, mentre dall’altro la Silcei Srl risulta fallita in quel di Isernia dove nel frattempo è stata trasferita la sua sede. Interpellato telefonicamente il liquidatore di questa società sostiene che il fallimento è stato dichiarato proprio per il mancato pagamento dei lavori per la realizzazione del deposito provvisorio di scorie. Mentre è certo che la commessa è stata chiusa nell’estate 2011, cioè quando l’impresa edile casertana aveva smantellato il cantiere da circa un anno. Questo nonostante la struttura non fosse stata ultimata, come da foto dimostrabile.

Guarda caso risulta che la consulenza per la chiusura del cantiere per conto del Consorzio Aedars è stata fornita da un dirigente della Silcei Srl. Ed è proprio intorno a quest’ultima società che si annodano i fili di una matassa che porta nel Nord Italia e nella limitrofa Svizzera. Dalla visura camerale risulta che la Silcei stessa aveva in essere due unità operative locali: una a Napoli e l’altra a Gallarate in provincia di Varese, a poca distanza dall’aeroporto di Malpensa.

Anche se l’indirizzo preciso non è mai stato reso noto dagli inquirenti, si dà il caso che proprio a Gallarate, fino a poco tempo prima di essere ammazzato a Cancello ed Arnone il 6 marzo 2009, era obbligato al soggiorno Antonio Salzillo nipote di Antonio ed Ernesto Bardellino; cioè, rispettivamente, del “fondatore” e del “cervello” del clan dei Casalesi in base a quanto verbalizzato dal pentito di camorra Carmine Schiavone. Questo Antonio Salzillo era il fratello di Paride considerato inizialmente il prediletto dagli zii nella gestione del pericoloso clan, ucciso per strangolamento quando scoppiò la guerra interna con l’altra fazione, poi risultata vincente, legata a Francesco Schiavone detto Sandokan. Antonio Salzillo è stato inizialmente “salvato” dal clan e messo a fare da capozona nell’area tra il nord della Provincia di Latina (da Sabaudia in su secondo le deposizioni del pentito che ha reso possibile il processo Spartacus) e il sud della Provincia di Roma. In particolare si era occupato dello smaltimento illegale di rifiuti industriali tossico-nocivi nella discarica di borgo Montello, distante pochissimi chilometri dal sito nucleare di borgo Sabotino. Una discarica dove quei fusti sono stati cercati inutilmente due anni fa, con scavi comandati dal Comune di Latina in luoghi certamente sbagliati. La ricerca si era resa necessaria perché un’analisi tecnico-scientifica condotta nel 1996 aveva rilevato delle masse metalliche al di sotto dei rifiuti accumulati. A condurre l’indagine era stata l’allora sezione nucleare dell’Enea oggi passata alla Sogin.

Analoghe indagini avevano riguardato anche le discariche campane poi risultate gestite dai Casalesi e dai loro affiliati: si riteneva che vi fossero stati interrati anche rifiuti radioattivi. Proprio il sospetto di interramento di questi pericolosi rifiuti sta attualmente interessando l’area della centrale nucleare del Garigliano, dove nel frattempo è stato realizzato a sua volta un deposito provvisorio per i rifiuti radioattivi. Si tratta dell’area al confine tra le province di Caserta e di Latina, dove la presenza dei Casalesi, come la Magistratura ha accertato, è ormai radicata da tempo. Infatti le cronache locali si sono occupate di Antonio Salzillo anche nel 2007 quando una donna di Formia (Lt) lo denunciò per violenza sessuale; per abusare di lei le aveva promesso in cambio un posto di lavoro che poi non è arrivato. I Carabinieri lo cercarono a Gallarate, dove ufficialmente doveva risiedere con obbligo di firma.

Dalle intercettazioni telefoniche invece risultò che dimorava stabilmente nella zona di Monte d’Oro, Comune di Minturno nell’estremo sud pontino, cioè a poca distanza dalla “sua” Cancello ed Arnone, dove poi ha trovato la morte appena terminata la pena. Alla vigilia del suo ultimo Natale, il 24 dicembre 2008, l’Antonio Salzillo residente ufficialmente a Gallarate ha iscritto a Lugano la sua firma come procuratore individuale della società Co.Ge.Ca Società Anonima (Sa): anche questa società si occupava e si occupa di costruzioni, mentre in precedenza si chiamava Cliniche Riunite Sa. Abbiamo controllato appositamente il registro delle imprese della Provincia di Varese.

Le persone che risiedevano e risiedono tutt’oggi dalle parti di Gallarate e che hanno come cognome Salzillo, provengono tutte dal casertano, ma nessuna di esse aveva e ha la residenza specificamente a Gallarate. Proprio nel Comune dove la Silcei aveva una delle sue due unità locali. L’area di provenienza di queste persone è esattamente il quadrilatero compreso tra Casal di Principe, Cancello ed Arnone, San Cipriano d’Aversa e Marcianise. Chissà se è solo una coincidenza il fatto che si tratta proprio dell’area che da decenni risulta in mano ai Casalesi; clan che del traffico illegale dei rifiuti ha fatto uno dei pilastri portanti dei propri affari criminali.

Sull’intera vicenda il deputato Filiberto Zaratti (Sel) ha preannunciato un’apposita interrogazione parlamentare ai Ministri dell’Economia, dell’Interno e dell’Ambiente. Un’occasione utile per iniziare a chiarire i contorni di una vicenda così inquietante e cercare risposte a domande e osservazioni per ora inevase.