A chi guarda con soddisfazione i magri risultati di Casapound e Forza Nuova, e poi parla di esagerazioni negli allarmi sul neofascismo rinascente in Italia, bisognerebbe ricordare che Luca Traini era un iscritto della Lega di Matteo Salvini. Lo stesso partito cioè che, nel territorio sconvolto dall’omicidio di Pamela Mastropietro per mano di tre nigeriani e dalla successiva sparatoria con il ferimento di sei africani, ha conquistato il seggio uninominale della Camera (con Tullio Patassini), ha perso per appena trecento voti quello del Senato, riuscendo comunque ad eleggere Giuliano Pazzaglini sindaco di Visso e prima linea salviniana nelle terre devastate dai terremoti del 2016 e del 2017.

Il confronto con i risultati di cinque anni fa è da mani nei capelli: la Lega è passata dallo 0.7% al 21%, da 1.300 a 30.000 voti, un boom che ha travolto tutti, andando a insidiare anche il fortissimo M5S, anche qui prima forza politica, sia pure di poco. Completamente impotente il centrosinistra, fermo al palo al Senato (26.1%) e massacrato alla Camera (23.2%).

I dati restituiscono l’affresco dell’apocalisse democrat: in un territorio che si riteneva tranquillo per definizione, cattolico e moderato, a volare sono Lega e Cinque Stelle, con percentuali superiori addirittura alla già alta media nazionale: 21.5% alla Camera e 18.6% al Senato per il partito di Salvini (doppiata Forza Italia, per gradire), 32.1% e 33.1% per i grillini. Il Pd, invece, ha raccolto rispettivamente il 23.2 e il 20.3%, con gli alleati molto al di sotto della soglia di sbarramento.

Il caso Macerata è risolto: l’attentato a sfondo razzista dell’inizio del mese non ha indebolito l’estrema destra, che invece è cresciuta a dismisura e adesso fa la voce grossa davanti a un blocco progressista sempre più esiguo e sempre più impaurito. Inesistente la sinistra, con Leu poco sopra al 2% e Pap sotto all’1%: più che una sconfitta, una pulizia etnica che non lascia scampo.

La manifestazione andata in scena lo scorso 10 febbraio a Macerata, con trentamila persona a marciare intorno alle mura del centro contro ogni razzismo, segna a questo punto uno spartiacque: il Pd ha scelto di non partecipare, benché uno dei colpi della pistola di Traini fosse indirizzato a una delle sue sedi, e questo ha leso in maniera forse irreparabile la credibilità del partito, almeno tra l’elettorato di sinistra che infatti si è lanciato sul M5S (completamente assente dal dibattito sull’antifascismo delle ultime settimane). Il resto del fronte antirazzista, invece, si riunirà domenica prossima ad Ancona per decidere come andare avanti. Il sindaco Romano Carancini, che pure aveva fatto di tutto per impedire la manifestazione dei centri sociali, a questo punto può soltanto piangere per il poco coraggio avuto: in certe situazioni, non stare né da una parte né dall’altra della barricata, vuol dire essere la stessa barricata.