Angelo Bonelli si sente «profondamente turbato». Dall’esplosione dell’affaire Soumahoro gli è piovuto addosso di tutto: insulti, accuse, il peso delle decisioni passate e di quelle ancora da prendere. Tutto è iniziato una settimana fa, ma ne sembrano trascorse già due o tre. Al manifesto il co-portavoce di Europa Verde rilascia la prima intervista sulla vicenda.

È vero che la candidatura di Aboubakar Soumahoro è stata decisa da Europa Verde al congresso europeo di Riga del 3 giugno scorso?

Assolutamente no. Non corrisponde al vero.

È comunque una candidatura in quota Verdi.

È stato candidato da Alleanza Verdi e Sinistra, una lista comune in cui avevamo deciso di individuare figure rappresentative della società civile. In particolare Ilaria Cucchi e Soumahoro.

L’attivista sindacale vi era stato segnalato da qualcuno?

Dai Verdi Europei. Ma è una candidatura condivisa. Se noi avessimo avuto problemi su candidature di Sinistra Italiana l’avremmo detto e viceversa. Tra noi c’è stato uno spirito di grande cooperazione.

Non sapevate nulla di quello che sta venendo fuori o avete deciso di correre il rischio perché Soumahoro, con la sua esposizione mediatica, vi avrebbe aiutato a superare lo sbarramento del 3%?

Non sapevamo di questa inchiesta, emersa una settimana fa. Né lui ci ha segnalato elementi che necessitassero di una riflessione. Avevamo avuto sentore solo di un conflitto tra sigle sindacali. Ma queste cose fanno parte della politica. Aboubakar è una persona molto impegnata e sta anche in luoghi di conflitto.

Fratoianni ha dichiarato di non essersi pentito della candidatura. Lei?

Ha ragione Nicola. È stata una scelta giusta. Come quella di Cucchi. Abbiamo espresso candidature della società civile perché siamo convinti che la politica debba rappresentare conflitti e proposte che non sono legate solo alle strutture di partito. Abbiamo fatto un’operazione di apertura, differenziandoci dai gruppi dirigenti chiusi in se stessi. Certo, se avessimo saputo di queste vicende avremmo fatto una valutazione di opportunità. Ma col senno di poi non si fa nulla.

Adesso che le conoscete avete scaricato Soumahoro?

No, non è stato scaricato come hanno scritto alcuni giornali. Ci siamo confrontati con lui e abbiamo detto che deve chiarire tutto. Sarebbe stato opportuno farci sapere prima che la sua famiglia ha un’area di influenza dal punto di vista lavorativo nell’ambito in cui lui fa politica. Ma non c’è uno scaricare Aboubakar, c’è la volontà di fare chiarezza. Perché abbiamo una funzione pubblica e parliamo di temi su cui tanti ragazzi – migranti, braccianti e operatori – si trovano in una situazione complicata. Sono necessari i massimi chiarimenti non solo a tutela del rapporto tra Aboubakar e la comunità politica che lo ha eletto o tra lui e noi. Ma soprattutto per quel mondo che reclama diritti e dignità.

Con Soumahoro avete parlato e lui ha parlato con la stampa. Per le indagini ci vorrà molto tempo e comunque il deputato non è indagato. Che altri chiarimenti sono necessari per ricomporre la frattura, ammesso sia possibile?

Noi non stiamo aspettando i tempi della giustizia, anche perché lui è estraneo alle indagini. È una questione politica. Deve entrare nel dettaglio di due cose: la raccolta fondi della Lega Braccianti a Foggia e come la moglie possa averlo tenuto all’oscuro delle proteste nei centri. Che non riguardano solo gli stipendi ma anche le condizioni di accoglienza, i maltrattamenti. Aboubakar deve chiarire queste cose con precisione, dati alla mano.

C’è un particolare accanimento mediatico contro di lui?

Non c’è dubbio che ci sia una gogna mediatica. In pochi giorni è stato dipinto come un criminale. Ma non lo è. Lo trovo inaccettabile. Poche settimane fa il fratello di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile organizzazione del partito, è stato arrestato per bancarotta fraudolenta. Qualche anno fa il senatore Giuseppe Mangialavori (Forza Italia) ha assunto in una sua clinica la figlia del boss della ’ndrangheta Anello. In quei casi non mi pare di aver visto la costruzione di un’escalation mediatica come per Aboubakar.

Lei come si sente: tradito, deluso, arrabbiato?

Profondamente turbato. Perché c’è la necessità di tutelare una comunità che da noi pretende il massimo, il doppio del rigore. Ci sono valori che non possono essere abbandonati o traditi. Mi sento turbato ma impegnato da un lato a fare in modo che Aboubakar si spieghi nel migliore dei modi e dall’altro a preparare il contrattacco. È vergognoso che si usi questa vicenda contro chi si batte per i diritti dei migranti o per fare da sponda alla politica ostile che ha tagliato i fondi per l’accoglienza.