In Corticella, anche dopo la tangenziale, ormai non affitti più niente con meno di ottocento euro. Stiamo parlando di un bilocale, eh. Una roba per un single o, al massimo, una giovane coppia. Niente che possa ospitare una famiglia. Partendo da qui, e scendendo verso il centro di Bologna, si arriva in Bolognina. Da queste parti, se cerchi sull’applicazione di Immobiliare.it, qualcosa sotto gli ottocento euro la trovi. Guardi l’annuncio però, e ti rendi conto che, della casa in questione, non ci sono fotografie: c’è solo un’immagine dello stabile.

Gli annunci di questo tipo, ci sto guardando ora (le 13:44 di mercoledì 31 gennaio 2024), sono ben sei su nove (ho cercato appartamenti con un costo di locazione tra i 500 e gli 850 euro); sono tutti riferiti ad agenzie che si occupano di «un servizio di segnalazione di annunci immobiliari di terzi e di assistenza nella ricerca di immobili in locazione di privati e mediatori». Una di queste si trova proprio in Bolognina, poco distante da dove è nata la prima occupazione del Condominio sociale del Radical housing project messo in atto da Plat, la piattaforma di intervento sociale vicina al Si Cobas e al circuito che ruota attorno al Collettivo Crash. Al telefono non rispondeva nessuno, ci sono venuto di persona. Fuori c’è la fila, più di quindici persone.

Chiacchiero con un ragazzo che è appena uscito: «L’appartamento del quale avevo letto l’annuncio mi hanno detto che non è più disponibile. Mi hanno chiesto dei soldi per aiutarmi nella ricerca di una casa, ma il risultato non è garantito», mi dice. Si tratta di qualche centinaio di euro, 250 ho appuntato. Mi allontano. Non sarà in questo modo che riuscirò a cambiare casa. Vado verso Piazza dell’Unità, il cuore della Bolognina. Dei ragazzi giocano a basket nel campetto al centro della piazza. Mi appoggio sul muretto che lo costeggia, dietro di me ci sono degli alberi. Li guardo per un po’, poi riapro l’applicazione Immobiliare. In Corticella c’è un annuncio in più. Un trilocale a 750 euro. Potrebbe fare al caso mio.

Chiamo il numero indicato: «Il proprietario vuole solo locatari con un contratto di lavoro a tempo indeterminato o con partita Iva aperta da più di cinque anni. Chiede queste garanzie…», mi viene detto. Niente. Manco questo fa per me, non ho queste garanzie da fornire. Sembra quasi che la città stia espellendo i lavoratori precari, dei quali si nutre. E assieme a essi gli studenti, o tutti coloro che, pur lavorando, pur avendo un contratto a tempo indeterminato, o una partita Iva da più di cinque anni, non possono permettersi di pagare più di ottocento euro per un bilocale. La Bolognina e Corticella, da questo punto di vista, sono lo specchio di quanto sta avvenendo in tutta la città: un tempo quartieri popolari che lentamente stanno cambiando pelle, stanno espellendo i propri abitanti storici per fare posto a bed&breakfast e gente agiata, che può permettersi di affittare una casa ai nuovi prezzi.

I regaz che giocano a basket gioiscono per un canestro messo a segno, alzo lo sguardo dal telefono e sorrido. Poi cerco su Airbnb un alloggio in Bolognina dall’1 al 3 marzo: mi compaiono oltre 100 annunci. Il soggiorno meno oneroso costa 94 euro a notte. Se li moltiplichi per un mese sono 2.820 euro. Al netto delle tasse, delle utenze, e di altre spese, come la manutenzione, sicuramente garantiscono più di quanto potrebbe permettersi di pagare una famiglia per un affitto in quella zona. Molti, soprattutto i grandi proprietari immobiliari, decidono di investire negli affitti brevi, così come molti piccoli proprietari.

Gli altri adeguano gli affitti lunghi alle nuove situazioni di mercato che si sono venute a creare, per non perderci tanto rispetto a quanto guadagnerebbero concedendo l’appartamento ai turisti. Per sfruttare i vantaggi di una zona divenuta ambita, perché, tra le altre cose, percepita come «alternativa» e vicina al centro, da chi ha grosse disponibilità economiche. Non è un processo incruento: gli sfratti si moltiplicano (tra il 2010 e il 2021, a Bologna, ne sono stati eseguiti 9900), chi non può permettersi una casa cresce sempre più, le graduatorie per un alloggio popolare si intasano (sono oltre 5mila le persone in lista d’attesa). Molti si trasferiscono nei comuni limitrofi, altri, fuorisede, in qualche caso, decidono di lasciare la città.

Intanto, in Bolognina, i bar e i locali che da una vita costellano il quartiere, sono oggetto di controlli delle forze dell’ordine sempre più serrati e immotivati. Dalla loro chiusura passa l’allontanamento dei frequentatori storici. Non sono posti adatti ai turisti e ai nuovi arrivati in quartiere. Qualche giorno fa è toccato al pub Sunshine: un controllo abbastanza lungo, che non ha riscontrato nessuna irregolarità. Chi l’ha effettuato, però, ha messo a verbale che si sentiva odore di sostanza stupefacente (anche se pure i cani non hanno trovato manco una canna) e che gli avventori erano ostili a chi stava effettuando l’ispezione (circostanze negate entrambe dai proprietari del pub).

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Risultato: obbligo di chiusura per 30 giorni, con grave danno economico per chi lo gestisce. Il processo in atto in quartiere fu denunciato già qualche anno fa dagli occupanti di Xm24, un centro sociale storico della città, allora sotto sgombero. Situato in Via Fioravanti, a pochi metri da dove sorge la nuova sede del Comune, inaugurata nell’ottobre del 2008, quel posto ospitava il vecchio mercato ortofrutticolo. Quando fu concesso dal Comune, nel 2002, era abbandonato da quasi un decennio. Il sei agosto del 2019 è stato sgomberato. Con tanto di ruspe che ne hanno abbattuto il locali che lo ospitavano.

«Hanno raso al suolo un’esperienza antifascista, antirazzista, solidale, culturale. – dice Andrea, uno degli occupanti – È stato uno schiaffo alla città, alla sua parte migliore!». Xm24 ospitava, tra le altre cose, una scuola d’italiano per migranti, una palestra, un ciclofficina e i laboratori di hacktivismo Hacklabbo. Ormai di quello restano solo macerie, delle palazzine di co-housing finanziate anche dal Comune, e che dovevano sorgere in quel luogo, invece, non c’è ancora traccia. Vincenzo di Xm24 è un militante dei primi tempi: «Qui ci hanno dipinto Blu, Ericailcane e altri grossi nomi della street art. – mi dice – Volevano che i graffiti restassero al loro posto anche dopo lo sgombero, li abbiamo cancellati. Quello che era dipinto per tutti non doveva divenire veicolo di gentrificazione del quartiere».

Adesso, in Bolognina, di graffiti non se ne vedono quasi più. Blu, i suoi, li aveva cancellati già nel marzo del 2016, come aveva fatto nel resto della città, per impedire che fossero staccati ed esposti in una mostra a pagamento. Una sorta di privatizzazione dell’arte pubblica. Xm24 non è l’unica esperienza che ha subito uno sgombero violento nel quartiere. A pochi passi sorgeva la palazzina dell’Ex Telecom. Qui trecento persone, tra le quali 104 minori, avevano trovato una casa, occupandola. Sono stati sgomberati nell’ottobre del 2015. Al posto di quell’occupazione è sorto uno studentato di lusso. Il prezzo, per una camera, parte da 749 euro al mese.

Social Hub si chiama, e, al momento, è completo. Negli ultimi anni gli studentati privati si sono moltiplicati e si continuano ad annunciare nuove aperture. Per una famiglia con un reddito normale, i costi sono proibitivi. Come cominciano a divenire proibitivi quelli per una camera in affitto in un appartamento. Se la situazione resta questa, Bologna difficilmente continuerà ad attrarre studenti, e talenti, da ogni parte d’Italia e d’Europa. Quando, sempre sull’applicazione di Immobiliare, cerchi su tutta Bologna un appartamento il cui canone d’affitto sia compreso tra i 500 e i 900 euro mensili ottieni 143 risultati, 42 sono annunci di agenzie come quella di cui si parlava all’inizio, che ti chiedono soldi per aiutarti nella ricerca. Senza garanzie di riuscita.

Tra quelli che propongono un affitto tra i 500 e i 600 euro, tranne uno, che offre un monolocale di 24 metri quadri in zona Fiera, sono di questo tipo ben 18 su 19. Una città di quasi 400mila abitanti offre poco più di cento appartamenti a meno di mille euro. Gli alloggi di edilizia pubblica residenziale, nel 2017, erano 18104. Di questi, quasi la metà, 8563, erano stati assegnati prima del 2001; un’altra grossa fetta, invece, 4839, è stata assegnata tra il 2001 e il 2010. Tra il 2011 e il 2017 sono stati assegnati 4702 alloggi, nel 2017 solo 719. Tanti sono sfitti perché inutilizzabili, altri saranno alienati, per rimpinguare le casse pubbliche.

Tre palazzine destinate all’alienazione si trovano in via dei Caracci, proprio dietro una stazione di servizio. Sono poco distanti dalla stazione dei treni, fronteggiano la ferrovia. Sono state occupate da Plat nell’ottobre del 2023. Ospitano 109 persone, tra le quali 37 minori e cinque donne incinte. Tra gli occupanti 68 lavorano, ma non possono permettersi di pagare un affitto. Adesso sono a rischio di sgombero. La denuncia, dopo l’occupazione, è stata presentata direttamente da Marco Bertuzzi, il presidente di Acer, l’Azienda casa Emilia-Romagna.

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«Temiamo che si ripeta la stessa situazione che si è creata in Via Corticella 115», mi dice Luca, uno degli occupanti di Plat. Lì la mattina del 6 dicembre 2023 era stata sgomberata un’altra palazzina occupata dal collettivo: un grosso dispiegamento di agenti in tenuta antisommossa ha fatto irruzione, alcuni degli occupanti, quelli che non erano al lavoro, si sono barricati all’interno; all’esterno è accorso un grosso numero di solidali, ci sono state pesanti cariche e diversi feriti. Lo stallo è durato fino a tarda sera. Gli occupanti barricati dentro, il presidio solidale fuori, a fronteggiarsi con gli agenti. La situazione si è sbloccata solo quando gli assistenti sociali del Comune hanno reperito alcuni posti in albergo che ospiteranno gli abitanti di Corticella 115 fino a quando non sarà loro assegnato un alloggio, o sarà individuata un’altra soluzione.

Negli stessi minuti veniva sgomberato anche il Glitch project, uno studentato autogestito occupato dal Cua, il Collettivo universitario autonomo, che ospitava 30 studenti fuori sede. Anche qui c’è stato un nutrito presidio durante lo sgombero. Il corteo solidale con le due occupazioni che ha attraversato la città in serata è stato duramente caricato, dalle spalle. Ilaria, una militante del Cua, che già durante gli scontri della mattina in Corticella era stata picchiata (le avevano rotto la testa), ha ricevuto da un agente un calcio all’inguine che le ha provocato un grosso livido. Ha denunciato tutto pubblicamente, oltre che alla Procura l’agente. Anche per violenza sessuale.

«È questo che temiamo si ripeta! – mi dice ancora Luca – Il problema della casa è un problema sociale, non di ordine pubblico. Ma, soprattutto sotto l’impulso di questo governo, sempre meno viene considerato in questo modo. Adesso stiamo avviando in quartiere una campagna di solidarietà con le occupazioni». Negli ultimi anni, soprattutto sotto l’impulso del Cua, di Plat e del Luna, il collettivo studentesco vicino ai centri sociali Tpo e Làbas, le occupazioni abitative in città si sono moltiplicate.

La maggior parte, però, ha avuto vita breve: sgomberate dopo poco, non di rado in maniera violenta, senza che soluzioni concrete per chi subisce un disagio abitativo siano state prospettate. Di fronte a una situazione disastrosa, che vede all’orizzonte l’allontanamento dal cuore della città di tanti che la animano e la fanno vivere, anche dal punto di vista culturale, e che, con le loro attività, hanno portato alcune zone ad essere considerate appetibili anche da chi ha una grossa disponibilità economica, la risposta delle istituzioni appare insufficiente. A novembre del 2023 il Comune di Bologna ha annunciato un investimento per 7,5 milioni, derivanti da fondi europei, per il ripristino di 339 alloggi di proprietà pubblica sfitti perché inutilizzabili. Il 24 gennaio 2024, invece, sempre l’amministrazione comunale ha lanciato un concorso di progettazione per 236 alloggi nel comparto Bertalia-Lazzaretto. Dovranno ospitare 700 persone, tra le quali 180 studenti universitari meritevoli.

L’investimento previsto è di 25milioni di euro, interamente finanziato con fondi comunali. «L’intervento di edilizia pubblica più significativo degli ultimi decenni» dicono. Non sono state fornite, però, notizie circa la data nella quale gli alloggi saranno disponibili. La città intanto ha fame di casa. Allontanandomi dalla Bolognina ripasso vicino l’agenzia dove mi ero fermato stamattina: c’è ancora la fila. Decido di tornare verso casa a piedi. L’altro giorno ho dovuto attendere un autobus oltre tre quarti d’ora per arrivare qui. Non mi va di aspettare. Alcuni sostengono che i ritardi, i mezzi che saltano le corse, siano una conseguenza del limite a trenta chilometri orari al quale sono costretti da qualche giorno gli automezzi che transitano in città.

La decisione ha scatenato molte polemiche, anche a livello nazionale. In realtà, se non di rado tocca attendere tanto, è perché ci sono pochi autisti e non si riescono a coprire tutti i turni. «Tanti stanno lasciando e non si riesce a trovare nuovo personale da assumere – sostengono i sindacati di categoria – I salari sono bassi, e non consentono di vivere dignitosamente in città, soprattutto con i prezzi che caratterizzano il mercato immobiliare, sia riguardo gli affitti, sia riguardo quelli di vendita».

Il problema della casa rischia di ripercuotersi in altri settori, contribuendo a peggiorare le condizioni di vita in una città che si vantava di essere tra le più vivibili d’Italia. Non a caso, nell’accordo firmato con alcuni sindacati di categoria il 24 gennaio 2024, che ha al centro il potenziamento del trasporto pubblico con 150 assunzioni e l’acquisto di 100 nuovi mezzi per Tper, la società che lo gestisce, il tema della casa è stato centrale. Tanto da spingere il Comune a scrivere sul proprio sito, a proposito dell’intesa, che «nell’ambito delle politiche abitative del Comune si valuteranno interventi volti ad individuare soluzioni a favore del personale di Tper di concerto con l’azienda stessa».

Una decisione che pare dare per scontata la situazione che si è venuta a creare in città. Non soluzioni generali, che risolvano il problema della casa per tutti, ma rattoppare, di volta in volta, le situazioni particolari che rischiano di creare altri scompensi nell’organizzazione della vita cittadina. Anche se la domanda è calata, scrive Nomisma nel suo ultimo rapporto sulla situazione abitativa a Bologna, i prezzi alla vendita non accennano a flettere. Visti gli elevati costi, poi, sempre più persone si rivolgono al mercato degli affitti, dove i prezzi continuano a lievitare. Per rendersi conto della situazione, forse, può essere utile dare uno sguardo ai redditi in città.

Nel 2021, nel comune di Bologna, il 21 percento dei contribuenti dichiarava un reddito inferiore a 10mila euro, il 31,6%, invece, dichiarava un reddito inferiore ai 15mila euro: il 52,6% della popolazione viveva con meno di 1.250 euro al mese. In una città dove sono disponibili poco più di cento appartamenti il cui affitto oscilla tra i 700 e i 900 euro, chi dichiara più di 55mila euro annui, rappresenta solo il 9,9% degli abitanti. Passo sul ponte della stazione. Alla mia destra il sole sta scendendo sulle decine di binari che si intrecciano. Le sfumature di rosso e arancione con cui tinteggia il cielo, dove si mescolano a un azzurro vivo e al grigio, non so perché, mi fanno pensare al televisore non sintonizzato al quale si riferiva Gibson in Neuromante per descrivere il cielo sul porto. Ci penso.

«Più che un televisore non sintonizzato pare uno schermo a cristalli liquidi rotto» rimugino poi tra me e me. Chissà che percorso seguiranno le migliaia di destini che, in città, si intrecciano come i binari sopra i quali sto passando e che, a differenza loro, non sono lineari e stabiliti. Tanti di loro la città sembra non volerli più, li espelle. O, quantomeno, non fa niente per fare in modo che possano continuare a permettersi di vivere qui. Sembra quasi che Bologna, ormai, voglia aprirsi a turisti ricchi o a studenti con una grossa disponibilità economica, snobbando le altre persone. Non so se queste scelte (o non scelte) arricchiranno economicamente la città. Ho i miei dubbi a riguardo. Di sicuro la impoveriranno socialmente e culturalmente. Presto, se continua così, Bologna non sarà più tra le capitali europee della cultura. Partiva da una situazione che la faceva considerare pari a Berlino per produzione di cultura alternativa.