«Abbiamo concordato che l’Iran non dovrà mai acquisire armi nucleari…ogni opzione è sul tavolo». Benyamin Netanyahu ha ascoltato ciò che desiderava da Antony Blinken. Gli Usa, ha ribadito senza affermarlo in modo esplicito il segretario di stato, sono pronti alla guerra con l’Iran. E anche se, spiega qualche commentatore analizzando parola per parola le dichiarazioni di Blinken, tra Stati uniti e Israele esistono differenze su quando e in quali circostanze dovrebbe avvenire l’attacco (congiunto?) alle centrali atomiche iraniane, è evidente che una nuova guerra in Medio oriente e più vicina. Peraltro, il clima anti-Teheran creato dalla dura repressione delle proteste popolari che vanno avanti da mesi in Iran, sta creando le condizioni favorevoli all’attacco israeliano. Non è causale che il pesante raid con droni a Isfahan contro industrie di armamenti e i ripetuti raid aerei contro presunti convogli di armi iraniane sul confine tra Siria e Iraq attribuiti a Israele siano avvenuti mentre Blinken è nella regione.

Il segretario di stato ieri si è espresso anche a proposito dell’annunciata riforma del sistema giudiziario che intende attuare il governo israeliano di estrema destra. «Ciò che rende la nostra partnership così forte sono i valori comuni: in particolare il sostegno delle istituzioni e dei valori democratici, la difesa dei diritti umani, delle minoranze, dello stato di diritto, della libertà di stampa e una forte società civile», ha detto Blinken rimarcando le preoccupazioni degli Usa per le politiche interne decise dall’esecutivo israeliano. «Siamo due democrazie forti e vi prometto che tali resteremo» ha detto da parte sua Netanyahu.

Come aveva già fatto all’aeroporto di Tel Aviv, Blinken in conferenza stampa ha condannato «gli orribili attentati in Israele», in particolare quello di venerdì a Gerusalemme in cui un palestinese ha ucciso sette israeliani. Non ha fatto alcun riferimento invece alla sanguinosa incursione di giovedì scorso dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin con dieci palestinesi uccisi. Ha però ribadito che gli Usa «restano impegnati per la visione dei due Stati ed ora è urgente adottare misure per una de-escalation tra israeliani e palestinesi». Ha aggiunto che sulla Spianata delle Moschee «deve restare l’attuale status quo» e ha precisato che gli Accordi di Abramo tra Israele e paesi arabi non «sostituiscono» il negoziato israelo-palestinese. Netanyahu non cambierà posizione. A suo avviso la normalizzazione dei rapporti tra Israele e paesi arabi isolerà i palestinesi costringendoli a cedere e, quindi, a rinunciare al loro diritto all’indipendenza.

Basteranno le ultime dichiarazioni di Blinken, oggi atteso a Ramallah, a spingere il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) a riprendere la cooperazione di sicurezza con Israele interrotta dopo la strage di Jenin? Tendono ad escluderlo gli analisti palestinesi o almeno non avverrà prima di qualche settimana. Abu Mazen, quali che siano le sue intenzioni, sa che è un momento molto delicato in cui un passo falso potrebbe provocare una sollevazione contro l’Anp. Ha già provocato parecchio malumore tra i palestinesi la sua decisione di incontrare il direttore della Cia William Burns mentre si celebravano i funerali di Nassim Abu Fouda, 26 anni, il trentacinquesimo palestinese ucciso nel 2023 secondo un bilancio fatto dai media locali. Testimoni palestinesi raccontano che Abu Fouda era in un veicolo nel centro di Hebron, vicino alla Moschea Ibrahimi, quando i soldati a un posto di blocco hanno aperto il fuoco su di lui dopo un diverbio e quando il giovane palestinese ha tentato la fuga per sfuggire all’arresto. L’Unicef ricorda che nel 2023 sono già stati uccisi sette minori palestinesi e un ragazzo israeliano.

Cresce anche il bilancio dei raid punitivi dei coloni israeliani in Cisgiordania scattati dopo l’attentato di venerdì. A Jalud, Turmusayya, Rawabi, Majdal Bani Fadil e altri villaggi, soprattutto nella zona di Nablus, ci sono stati 35 casi di attacchi ai palestinesi con lanci di pietre, una abitazione e una decina di auto date alle fiamme. Sono state lanciate pietre anche contro un’ambulanza. Ma non sono stati effettuati fermi o arresti. Raid che si aggiungono alle misure punitive che sta varando il governo Netanyahu. Sono già state sigillate le abitazioni di Khairi Alqan, responsabile dell’attentato di venerdì, e di Mohammed Aliwat, il 13enne che sabato ha ferito due coloni a Silwan. Oltre venti persone, non collegate agli attentati, tra cui minori, sono rimaste senza casa, non godranno più dell’assistenza sociale e medica e alcune potrebbero essere espulse da Gerusalemme. «Chiunque uccida, danneggi o massacri civili, dovrebbe essere mandato alla sedia elettrica» ha detto il ministro per la sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir che presenterà un disegno di legge per giustiziare i «terroristi».