C’è qualcosa di quasi irreale nella sala delle conferenze stampa del Casinò, tutto come sempre, tutto diverso, quasi che le persone non ci credessero ancora di essere lì. Al tavolo, insieme al presidente della Biennale, Roberto Cicutto, e al direttore Alberto Barbera, siedono presidentesse, Cate Blanchett (concorso internazionale) e Claire Denis (Orizzonti) e presidente, Claudio Giovannesi (opera prima Leone del futuro) delle giurie, e la presentazione di rito assume anch’essa l’aura dell’evento. Ringraziamenti, dichiarazioni di amore e di sostegno al cinema. Blanchett luminosa e sorridente racconta di essere tornata in sala, insieme alla famiglia, per vedere Tenet: «Un evento». Claire Denis, che coi suoi film è stata più volte al Lido, sorride e con la sua voce roca ci tiene a dire quanto è emozionante essere qui: «È vitale aprire delle porte rimaste chiuse per mesi». Felice anche Giovannesi, e quella parola futuro nella dicitura del premio della «sua» giuria gli sembra un segnale bellissimo.

A FARE gli onori di casa è il neo-presidente Roberto Cicutto, che come si dice rompe il ghiaccio: «Fino al 15 maggio non ci sembrava neppure possibile organizzare la Mostra, ma i film stavano arrivando e così ci siamo detti che dovevamo provarci. Le tecnologie digitali ci sono state di grande aiuto ma non possono sostituire l’evento in presenza. La forza e l’identità della Biennale, di cui il cinema è un settore, anche se forse il più visibile, sono state determinanti, senza non saremmo riusciti a fare il festival».
«Non so cosa dire, mi sembra di avere detto tutto e il contrario di tutto in questi giorni – dice Barbera – Da alcune parti ho sentito una certa titubanza rispetto al festival, la nostra è stata una risposta diversa, ci siamo detti che dovevamo farlo anche se significava affrontare un percorso a ostacoli, il protocollo di sicurezza è molto rigido, abbiamo dovuto fare delle rinunce ma siamo felici di essere qui. Voglio ringraziare tutti coloro che hanno accettato l’invito per dare il proprio sostegno al cinema». E questo è il sentimento comune, quello che li unisce, il centro delle questioni. A differenza di «prima» (?) non si parla dei film, di quello che guiderà gli sguardi delle giurie, conta esserci e in presenza. «L’industria e i registi vogliono riaprire, andare avanti, in queste circostanze così difficili la Mostra è un segnale forte» dice Blanchett, e aggiunge di essere sorpresa del fatto che gli altri paesi non abbiano subito seguito l’esempio dell’Italia nella risposta alla pandemia.

«AMO VENEZIA come turista, come amante del cinema, delle arti, dunque sono felice di essere qui. Se ho paura? Credo che dobbiamo essere coraggiosi, sostenere i progetti, accettare ogni volta delle nuove sfide se queste ci portano a essere più creativi e più inventivi. Riaprire le sale è un’opportunità per tutti, e credo anche che riemergere dopo questi mesi possa essere un’occasione per interrogarci su come andare avanti, per affrontare le molte domande che ci sono state poste».