«Abu Yair, Abu Yair». Sorridente il premier Benyamin Netanyahu, in un filmato che girava in rete qualche giorno fa, riferiva soddisfatto che nei centri arabi di Israele qualche abitante lo chiama così: Abu Yair, papà di Yair, il figlio passato alle cronache per post e tweet di estrema destra. Agli arabi, i palestinesi di Israele, da qualche tempo Abu Yair-Netanyahu fa tante promesse pur di raccogliere voti per il suo partito, il Likud. A cominciare dall’impegno contro la criminalità organizzata che tiene in scacco villaggi e cittadine della Galilea. Ma sino ad oggi è cambiato ben poco e quando la polizia si decide a usare il pugno di ferro talvolta ci scappano morti innocenti. Ieri a Tamra è stato sepolto Ahmed Hijazi, 22 anni, vicino a conseguire il diploma di infermiere, ucciso durante uno scontro a fuoco tra poliziotti e tre criminali comuni. La famiglia non si dava pace ieri raccontando l’accaduto che descrive bene il clima da «Police and thieves in the streets» in cui si vive in Galilea nell’indifferenza, denunciano i palestinesi d’Israele, delle autorità.

Ahmed era a casa di un amico per preparare il prossimo esame. Non sapeva che a pochi metri dall’edificio erano appostati gli agenti di una unità speciale in attesa di tre individui che qualche sera prima avevano sparato contro una abitazione a scopo di estorsione. Giunti sul posto, i tre non si sono fermati all’alt della polizia ed è cominciata una sparatoria. Ahmed e il fratello del suo amico, un medico, sono usciti sul balcone attirati dagli spari. A quel punto – è stata aperta un’indagine – i poliziotti hanno sparato contro il giovane uccidendolo sul colpo, e il medico, rimasto ferito, credendoli, stando a una versione dell’accaduto, complici dei malviventi (uno dei quali è stato ucciso). «Siamo andati in balcone – ha raccontato il medico – e dopo qualche secondo Ahmed è stato centrato al petto da un proiettile. Ho urlato di non sparare ma mi hanno colpito a una gamba. Sono sotto shock, non riesco a credere che sia accaduto tutto questo».

In pochi minuti dozzine di abitanti di Tamra, con in testa il sindaco Suhail Diab, sono scesi in strada a protestare contro l’uccisione dello studente. Jafar Farah, dell’ong Mossawa di Haifa impegnata per l’uguaglianza tra ebrei e arabi in Israele, ha condannato senza attenuanti la polizia. «Il solito modo di operare della polizia quando si trova di fronte a dei cittadini gli arabi ha mietuto ancora una volta vittime innocenti. Durante le operazioni (contro la criminalità), forze di polizia professionali non sparano contro i passanti, le persone comuni che incontrano in un quartiere residenziale». Il comando del distretto settentrionale della polizia israeliana da parte sua fa sapere che lo scopo dell’operazione dell’altra sera «è stato quello di garantire la sicurezza dei residenti di Tamra…c’è stato un dolore, ne siamo dispiaciuti, ma a lungo termine apparirà chiaro che abbiamo inviato un messaggio preciso a tutte queste bande armate».  Parole alle quali il leader della Lista unita araba, Ayman Odeh, ha replicato «Le autorità israeliane sono forti quando affrontano i manifestanti (arabi) e deboli quando affrontano i criminali. Invece di catturare criminali e assassini, la polizia è impegnata a reprimere le proteste e lascia morire i cittadini arabi».

Nei giorni passati la polizia ha arrestato 27 persone a Tamra sospettate di violenza, incendio doloso, traffico di droga, rapine ed estorsioni. E altrettanto è avvenuto in altre località. Ma, denunciano i palestinesi d’Israele, non basta e le autorità continuano a sottovalutare il problema, a cominciare dalla diffusione di armi illegali, anche mitra M-16, che, ci sono pochi dubbi, arrivano in gran parte dalle basi militari grazie alla compiacenza di soldati pronti a venderle alla criminalità. Le conseguenze poi si vedono nelle strade di villaggi e cittadine arabe della Galilea. L’anno scorso in Israele sono stati assassinati 95 arabi, il numero più alto da 20 anni a questa parte. Circa 90 nel 2019.

«Qualche politico preferisce parlare di arretratezza culturale degli arabi israeliani che risolvono le loro dispute con la pistola in pugno. Ma sono tutte sciocchezze, frutto di pregiudizi», ci dice Amer, un insegnante di Baqa, una cittadina teatro di recente di faide e scontri sanguinosi da bande criminali rivali. «Se si lascia fiorire per anni senza intervenire il traffico di armi e non si accorcia il gap economico enorme tra arabi ed ebrei in Israele, la parte più debole, più povera, più discriminata finisce per trovare nella criminalità, nell’illegalità la strada per sopravvivere. È sbagliato però la realtà è questa». Altri affermano che le forze di sicurezza israeliane si occupano della minoranza palestinese solo per motivi politici, disinteressandosi di tutto il resto. Nei quartieri arabi di Giaffa, ricordano, dieci persone sono state uccise dall’inizio del 2019 ma la polizia non è riuscita a risolvere nessuno di quei casi.

L’uccisione di Ahmed Hijazi a Tamra mette sotto pressione Mansour Abbas, deputato islamista, presidente del «Comitato della Knesset contro il crimine nella società araba» e fautore della recente apertura politica al premier Netanyahu che ha mandato in pezzi la Lista unita. Dal 9 novembre Abbas aspetta che il governo approvi e stanzi fondi per il suo piano. Abu Yair vuole voti arabi, promette e non mantiene. «Le persone – ammette il deputato – perdono la speranza, si sentono abbandonate».