Berlusconi raccoglie il segnale lanciato dal capo dello Stato, che due giorni fa aveva detto che per modificare la legge elettorale c’è ancora tempo, e fa filtrare tutta la sua ostilità a votare con il Consultellum. Non sembra una novità, dato che l’ex Cavaliere è sempre stato contrario a votare con le due leggi diverse partorite dalle sentenze della Corte.

LA NOVITÀ invece c’è perché ora, per la prima volta, il leader di Forza Italia è pronto ad appoggiare una legge che preveda il premio di coalizione. Ufficialmente la sua prima opzione resta a favore del proporzionale su modello tedesco, con soglia abbassata dal 5 al 4% per invogliare gli spaventati dall’altezza dell’asticella.

Ma ormai è quasi una battaglia di bandiera: forse la possibilità di convincere Renzi ci sarebbe ancora, ma non è affatto detto che il Pd lo seguirebbe e Berlusconi lo sa. La realtà è che il partito azzurro si prepara a fare da sponda alla foltissima fronda interna al Pd che punta al premio di coalizione. L’importante, ha spiegato il capo al suo stato maggiore, è evitare il Consultellum, perché con questa legge M5S può arrivare al 40% e strappare il premio di maggioranza. Oggi può sembrare impossibile, ma Berlusconi, quanto a campagne elettorali, è l’ultimo lupo di mare.

NESSUNO SA MEGLIO DI LUI quanto le cose possano cambiare in campagna elettorale, col pungolo del voto utile e la capacità dei 5S di calamitare ogni sorta di scontentezza sociale. In teoria una lista di destra avrebbe possibilità di arrivare al fatidico 40% anche maggiori. Ma solo in teoria, perché «in politica 1 più 1 più 1 non fa mai 3» e poi allestire una lista comune con Salvini e Giorgia Meloni sarebbe un calvario.

Molto meglio il premio di coalizione. Anche perché, particolare non secondario, è il sistema che offre alla destra maggiori chances di tornare al governo. Ufficialmente anche con il sostegno di Fi la battaglia per il premio di coalizione, bocciato da Grillo e da Renzi, è persa in partenza. La realtà è diversa. Da settimane la minoranza del Pd e una parte sostanziale della maggioranza, cioè l’area che fa capo a Franceschini, stanno preparando il colpaccio. Scatterà dopo la prevista disfatta del Pd in Sicilia, perché a quel punto Renzi non avrà la forza, dopo una sfilza impressionante di sconfitte, di reggere alla pressione incrociata della fronda interna, del Gotha ulivista e dei media. Del resto, proprio la consapevolezza della manovra in corso spiega l’apparentemente dissennato comportamento di Giuliano Pisapia.

L’EX SINDACO SCOMMETTE proprio sul premio di coalizione, con annesse primarie che è convinto di vincere. Quello a cui mira dall’inizio non è la costruzione di un partito di sinistra: è palazzo Chigi e per questo non può permettersi rotture col Pd. Il nuovo corso a destra riverbera sulle elezioni siciliane. Alfano, dopo aver scodinzolato per anni dietro a Renzi, si offre: «Sono corteggiatissimo dal Pd in Sicilia, ma lì si può dimostrare che è possibile vincere contro Renzi e Grillo e a prescindere da Salvini. Ho detto a Micciché che se Fi vuole farlo ha una chance irripetibile, sono disposto ad aiutarli. Però vogliamo garanzie che a livello nazionale sia tolta la Fatwa contro di noi».

In realtà le trattative con Ap sono avanzate: l’accordo potrebbe essere annunciato già giovedì prossimo. La condizione è che Alfano non sia in campo, condizione che si ripeterà alle politiche. Perché, anche se FdI probabilmente non ci sarà e continuerà a sostenere Musumeci, le elezioni siciliane saranno la prova generale.