L’esperienza del film è stata «molto immersiva: non sono riuscito a estraniarmi» dice Phaim Bhuiyan, il regista di Bangla (nelle sale dal 16 maggio) che con il suo esordio racconta proprio l’ esperienza personale di romano di seconda generazione, nato a Roma – nel quartiere «di confine» Tor Pignattara – quando i suoi genitori erano appena arrivati dal Bangladesh. «Io e Phaim – racconta infatti la cosceneggiatrice Vanessa Picciarelli – abbiamo attinto a piene mani dalla sua esperienza personale, da una sorta di ’confessionale’ sulle sue paturnie esistenziali, dal suo piccolo dramma individuale»: quello cioè di un ragazzo musulmano tra due mondi – il protagonista è lo stesso Bhuiyan – che si innamora di una giovane italiana (Carlotta Antonelli). «Ci tenevo a partecipare a questo film perché da anni aspettavo che qualcuno mi raccontasse l’Italia da una prospettiva diversa dalla mia» dice Pietro Sermonti, che in Bangla interpreta il padre di Carlotta.

UNA COMMEDIA sentimentale che usa «un tono ironico per raccontare il mondo dell’integrazione», spiega Bhuiyan, un ragazzo integralmente romano – «alcuni dopo aver visto il trailer sostenevano che mi avesse doppiato Er cicoria, un rapper romano», scherza il regista – ma che come tutti gli italiani di seconda generazione, in assenza di una legge sullo ius soli, ha dovuto aspettare di compiere 18 anni per ottenere la cittadinanza. Tema politico che Bangla affronta con levità ma che resta comunque la cornice amara della commedia: «Mi auguro che qualche politico veda il film e faccia dei pensieri in merito – dice il produttore Domenico Procacci – anche se bisognava pensarci già tanto tempo fa».