In attesa della prova del campo per i dubbi sollevati dai leak dei servizi segreti Usa, a Bakhmut e nelle aree limitrofe si continua a combattere. Marinka e Avdiivka sono diventate campi di battaglia a tutti gli effetti e anche più a sud, nell’area di Vuhledar, non si risparmia l’artiglieria.

Lunedì il capo della Repubblica separatista del Donetsk, Denis Pushilin, aveva dichiarato alla televisione nazionale russa che gli invasori controllano il 75% di Bakhmut e che presto gli scontri si sarebbero risolti a favore delle forze armate di Mosca.

Contemporaneamente, dall’altro lato del confine il comandante delle forze di terra dell’esercito ucraina, Oleksandr Syrskyi, ha spiegato che i nemici a Bakhmut hanno iniziato a usare la tattica della «terra bruciata». La stessa utilizzata dalle forze russe in Siria e che riuscì a spezzare la resistenza siriana a furia di bombe. In cosa consiste questa strategia lo si intuisce: bersagliare costantemente le posizioni nemiche e gli edifici che potrebbero essere usati come rifugio con l’artiglieria di terra e gli attacchi aerei fino a non lasciare più ripari alla controparte. Tuttavia, sia Syrskyi che Sergyi Cherevatyi, portavoce del gruppo orientale delle forze armate ucraine, negano che i russi siano riusciti ad avanzare così significativamente in città. «Sono appena stato in contatto con il comandante di una delle brigate che stanno difendendo la città» ha dichiarato Cherevatyi ieri, «e posso affermare con sicurezza che l’esercito ucraino controlla una percentuale molto maggiore del territorio di Bakhmut».

A poca distanza, in un’area compresa tra Avdiivka e Marinka, infuriano combattimenti molto violenti. Le truppe russe avrebbero intensificato gli assalti con i veicoli corazzati e, di contro, stando alle dichiarazioni del portavoce militare ucraino Oleksii Dmytrashkovskyi, «i soldati russi hanno subito perdite colossali negli ultimi giorni, fino a 400 al giorno» senza riuscire a occupare nuove posizioni.