I vescovi bocciano senza appello il disegno di legge per l’autonomia differenziata: aumenta gli squilibri territoriali, distrugge la solidarietà, mette a rischio l’unità nazionale. Il cardinale presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, l’aveva anticipato giovedì al termine dell’assemblea generale della Cei, e ieri è stata diffusa la nota del Consiglio episcopale permanente con cui l’esecutivo dei vescovi afferma che questa autonomia non s’ha da fare.

«CI PREOCCUPA QUALSIASI tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso – si legge nella nota – il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni che è presidio al principio di unità della Repubblica». A farne le spese, secondo i vescovi, sarebbero le persone in difficoltà, soprattutto a causa dell’ulteriore indebolimento del Sistema sanitario nazionale. Un rischio che «non può essere sottovalutato, in particolare alla luce delle disuguaglianze già esistenti, specialmente nel campo della tutela della salute, cui è dedicata larga parte delle risorse spettanti alle Regioni e che suscita apprensione in quanto inadeguata alle attese dei cittadini sia per i tempi sia per le modalità di erogazione dei servizi».

Il sistema delle autonomie e il principio di sussidiarietà – capisaldi della dottrina sociale della Chiesa – devono tener conto «dell’effettiva definizione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali» che vanno «garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale». Aspetti che invece l’autonomia differenziata mette a rischio. Per questo i vescovi rivolgono un appello alla politica affinché «si incrementino meccanismi di sviluppo, controllo e giustizia sociale per tutti e per ciascuno», poiché «non c’è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi, valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del bene comune».

STIZZITE LE REAZIONI della destra di governo, che fatica a trovare una sintonia con la Cei di Zuppi. «Da tutti ci si poteva aspettare un pregiudizio politico e spiace che l’abbia assunto la Cei, peraltro a pochi giorni dal voto», commenta il “padre” dell’autonomia differenziata, Roberto Calderoli, ministro leghista per gli Affari regionali, che rimprovera ai vescovi di aver rifiutato qualsiasi confronto con l’esecutivo. Quella della Cei è una valutazione «politicamente sbagliata», aggiunge il capogruppo dei senatori di Fdi Lucio Malan. «Non penso che l’autonomia differenziata metta in discussione il principio di solidarietà né metta in difficoltà le Regioni con un’economia meno fiorente», «abbiamo approvato diversi emendamenti che lo impediscono». Dopodiché, concede Malan, «ciascuno fa le valutazioni che ritiene».

PER MAURIZIO GASPARRI si tratta di una nota a orologeria, alla vigilia delle elezioni. «Rispettiamo tutto, anche se la tempistica mi pare strana, ma ne parlerò direttamente con gli esponenti della Cei, con i quali abbiamo una felice interlocuzione, io sono anche cattolico praticante», afferma il capogruppo di Forza Italia al Senato. Che poi cambia bersaglio: i vescovi «hanno fatto un comunicato contro il prete che ha definito criminale Piantedosi?». Gasparri ce l’ha con don Angelo Cassano, prete di frontiera e referente di Libera in Puglia che in una manifestazione a Bari ha attaccato il ministro dell’Interno per le politiche contro i migranti e i morti nel Mediterraneo. «Ho chiesto a Zuppi una presa di posizione pubblica nei confronti di don Cassano, mi dispiace che non l’abbia fatto». Evidentemente quando si è a corto di argomenti l’unica possibilità è quella di “buttarla in caciara”.