È il tramonto del golden boy austriaco. Sebastian Kurz, a soli 35 anni il più giovane ex cancelliere del Paese, ha annunciato ieri di voler abbandonare definitivamente la politica dopo l’inchiesta che lo vede indagato per corruzione e peculato. Il 9 ottobre scorso si era dimesso da capo del governo passando il timone ad Alexander Schallenberg, un suo fedelissimo che ieri ha annunciato anche lui di volersi dimettere. «È solo un passo di lato», aveva assicurato due mesi fa Kurz, lasciando intendere un probabile ritorno. Non è stato così. Troppo gravi le accuse sui sondaggi pilotati e le coperture mediatiche comprate con fondi pubblici. Troppe le evidenze risultanti dalle perquisizioni e dalle chat sequestrate dalla procura anticorruzione (Wksta) di Vienna. Senza contare il tracollo nei sondaggi, che il 27 novembre davano il partito popolare (Oevp) passare dal 37,57% di due anni fa al 23%, superato dai socialdemocratici (Spoe) ritornati primo partito col 26%.

LO STESSO ADDIO di ieri, reso pubblico da Kurz in conferenza stampa, è arrivato a sorpresa. Ritiro da tutti gli incarichi e funzioni politiche, da capo dei popolari e da capogruppo parlamentare. «Il momento decisivo è stato la nascita di mio figlio pochi giorni fa» ha spiegato Kurz pur ammettendo che negli ultimi tempi la sua passione per la politica era diminuita. Una politica che aveva inteso sempre come competizione tra le idee migliori e che, da ministro degli Esteri, lo aveva reso celebre per la sua determinazione nel chiudere la rotta balcanica ai migranti.

In realtà, ha commentato il politologo Peter Filzmaier al tg dell’Orf, per Kurz la politica è stata solo competizione della comunicazione e del marketing. Su quel terreno ha portato i popolari a vincere rottamando il vecchio partito, facendo passare il centrodestra dal nero, al turchese e allo slim fit.

FALLIMENTARE anche la sua gestione della pandemia, che è stata dichiarata superata in estate, smobilitando le campagne di vaccinazione e puntando solo sulla responsabilità dei singoli. Linea imboccata in funzione elettorale per conquistare i voti dei no vax della Fpoe, l’estrema destra in Alta Austria.

QUALE FOSSE L’IDEA della politica di Kurz è emerso chiaramente e agli occhi di tutti dalle 108 pagine di accusa della procura anticorruzione che ha esaminato centomila delle trecentomila chat sequestrate che ingenuamente l’ex cancelliere e il suo entourage credevano di aver cancellato: usare qualunque mezzo, boicottare proposte politiche ritenute troppo positive e di successo per fare fuori il segretario del proprio partito, il suo predecessore Reinhold Mitterlehner. «In un incontro più lungo e personale ho riscontrato che Kurz non ha nessun interesse per la politica, tanto è che in sostanza ha fatto proprio il programma della Fpoe, senza elaborarne uno suo. Gli interessa solo il potere» ha raccontato Peter Pilz, ex parlamentare verde e autore del libro appena uscito «Kurz, ein Regime« (K&S 2021). Scalpore ha suscitato l’uso del termine regime. «È il tentativo di definire una cosa nuova – ha spiegato Pilz – un partito eletto democraticamente e il suo cancelliere che sono in procinto di danneggiare pesantemente i fondamenti dello stato di diritto e della democrazia in Austria».

IL PARTITO popolare è in pieno subbuglio. In agenda un rimpasto di governo dalle dimensioni ancora da capire. Forse su spinta dei governatori della Oevp, legati più al vecchio partito di centro ci sarà un ripulisti più ampio del sistema ideato da Kurz. Oggi in ogni caso la Oevp deciderà il nome del successore a capo del partito che diventerà anche il nuovo cancelliere. Il nome più gettonata l’attuale ministro degli interni Karl Nehammer.

Finisce dunque la breve transizione di Alexander Schallenberg. In serata ha lasciato anche il ministro delle finanze Gernot Bluemel, braccio destro di Kurz indagato a sua volta per corruzione. Stabili rimangono gli alleati minori di coalizione, i Verdi, che in ottobre avevano chiesto le dimissioni di Kurz da cancelliere.