Attacchi russi «intenzionali» mandano in fumo il grano ucraino
A tutto campo Nel sud la guerra minaccia i raccolti: silos, trebbie e terreni agricoli sotto i bombardamenti dell'invasore. «Vogliono affamarci come durante l’Holodomor, la grande carestia del 1932-33». Export bloccato, per sostituire il carico di una nave sarebbero necessari 2.000 Tir. E Kiev riapre i porti fluviali sul Danubio
A tutto campo Nel sud la guerra minaccia i raccolti: silos, trebbie e terreni agricoli sotto i bombardamenti dell'invasore. «Vogliono affamarci come durante l’Holodomor, la grande carestia del 1932-33». Export bloccato, per sostituire il carico di una nave sarebbero necessari 2.000 Tir. E Kiev riapre i porti fluviali sul Danubio
Kramatorsk ieri si è risvegliata tossendo e con lo sguardo annebbiato. I bombardamenti russi avevano scatenato diversi incendi nei campi agricoli intorno alla città e l’odore pungente del fumo saliva fino ai palazzoni del centro. Più tardi la stessa sorte è toccata ai terreni nei pressi di Siversk, Soledar e Bakhmut.
IN UCRAINA SE NE PARLA MOLTO in questi ultimi giorni, soprattutto dopo il bombardamento ai silos nella regione di Odessa che hanno carbonizzato tonnellate di grano. Giovedì scorso, infatti, mentre il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, assicurava ai giornalisti che Mosca era pronta a trattare con l’Ucraina sul grano, un attacco missilistico russo ha distrutto due mietitrebbie contenenti 35 tonnellate di grano a pochi chilometri dal porto di Odessa. In molti sono certi che l’attacco fosse diretto espressamente ai silos e, inoltre, che l’esercito russo colpisca intenzionalmente i campi.
Alcuni azzardano anche la tesi che usino bombe incendiarie, ma quando ieri mattina a un posto di blocco sperduto a 10 km dalla linea del fronte ho chiesto ai militari come avessero preso fuoco i campi intorno alle loro baracche hanno risposto che l’artiglieria russa aveva provato a colpirli e gli ordigni, per fortuna, erano finiti in mezzo ai campi. «Poi è un attimo, guardati intorno, qui è tutto secco, prende fuoco immediatamente».
Tra l’altro in Donbass molti dei campi che bruciano sono già stati mietuti e quindi sarebbe una ripicca inutile da parte degli invasori.
Al sud però non è così, tra Mykolayiv e Kherson, a Zaporizhzhja e nella regione di Odessa molti ettari di cereali sono letteralmente andati in fumo. Tanto da spingere Sergiy Bratchuk, portavoce dell’amministrazione militare della regione di Odessa, a dichiarare che i russi distruggono «intenzionalmente» i raccolti e poi impediscono ai contadini di provare a spegnere gli incendi.
Anche l’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri, Josep Borrell, si è espresso in merito dichiarando che 323 milioni di persone sono sull’orlo della fame a causa della crisi alimentare globale esacerbata dalla guerra della Russia contro l’Ucraina e dal conseguente blocco dei porti ucraini.
Borrell ha aggiunto che un totale di 1,2 miliardi di persone in tutto il mondo si trovano in una situazione di vulnerabilità a causa di «una combinazione di aumento dei prezzi dei generi alimentari, aumento dei prezzi dell’energia e deterioramento delle condizioni finanziarie».
Se si considera un contesto già molto a rischio come quello del continente africano, i dati sono ancora più drammatici.
Stando alle stime dell’Onu, le famiglie di tutta l’Africa stanno già pagando circa il 45% in più per la farina di grano a causa della guerra in corso tra Russia e Ucraina. Nella zona equatoriale e nel Corno d’Africa gli effetti sono già evidenti. La Somalia, per citare uno degli stati con il più alto tasso di denutrizione del mondo, prima del 23 febbraio riceveva più del 90% del suo fabbisogno nazionale di grano da Russia e Ucraina.
GLI UCRAINI sono sempre più convinti che dietro questi incendi ci sia un disegno malefico. «I russi ci bruciano i campi, vogliono affamarci come durante l’Holodomor», spiega Yulia, una ragazza di 25 anni rimasta a Kramatorsk per dare il suo contributo come volontaria. L’Holodomor (letteralmente «uccidere con la fame») è il termine che gli ucraini usano per indicare la grande carestia del 1932-33 che causò diversi milioni di morti e che dalla fine dell’Unione Sovietica qui in molti imputano ai russi.
Un famoso blogger ucraino, Igor Lachen, salito agli onori delle cronache per aver promosso e sponsorizzato la campagna di raccolta fondi per l’acquisto dei Bayraktar russi, da qualche giorno ha lanciato gli hashtag Holodomor 2022 e La Russia causa la carestia. In pochi giorni si è arrivati a milioni di click e condivisioni, con tanto di foto ricorrenti dei campi bruciati e dei contadini disperati. Il sottotesto è che l’Ucraina paga con il sangue la difesa del «pane del mondo».
IN REALTÀ AL MOMENTO non ci è dato sapere quale sia la mole di potenziale raccolto distrutta e se effettivamente gli incendi stiano minando seriamente le capacità produttive ucraine.
Ciò che sappiamo, tuttavia, è che all’inizio della guerra i silos e i porti di Odessa erano colmi di oltre 25 milioni di tonnellate di grano. Ad oggi, solo 5 milioni di queste scorte sono state esportate attraverso strade, ferrovie e percorsi alternativi.
In tempo di pace dal porto di Odessa partivano circa 5 o 6 navi che trasportavano un totale di 100mila tonnellate di grano e una sola di questi cargo aveva la capacità di trasportarne fino a 50mila.
OGGI, SECONDO ALLA STOYANOVA, capo del dipartimento di politiche agricole della regione, «per caricare l’equivalente di una nave da trasporto di cereali, avremmo bisogno di 2.000 camion. Tutte le lunghe code di camion e treni che si vedono al confine sono dovute al fatto che i Paesi vicini non sono in grado di gestire logisticamente tutto questo grano».
Per questo Kiev ha deciso di tentare una via alternativa e di riaprire persino i porti fluviali sul Danubio, che in Ucraina ha la sua foce, e che durante l’Urss era molto utilizzato come via commerciale verso la Romania.
Tuttavia, secondo Stoyanova, ci vorrà tempo, bisogna ampliare le infrastrutture e i canali e non sarà un’operazione né semplice né rapida. «La verità – ha concluso la funzionaria – è che non c’è alternativa ai porti marittimi; dobbiamo sbloccarli immediatamente», ma per farlo la Russia deve accettare una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite.
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