Il possibile crack dell’Atac, la municipalizzata del trasporto locale di Roma ormai subissata dai decreti ingiuntivi dei creditori, in una crisi di liquidità senza precedenti e con un debito monster che si autoalimenta, non agita solo le notti della sindaca Raggi, ma è diventata terreno di scontro a livello nazionale tra il M5S e il Pd.

Ieri la polemica è divampata (a distanza) tra il ministro dei Trasporti Graziano Delrio e l’assessora capitolina alla Mobilità Linda Meleo. Mentre più di qualcuno nel partito di Renzi si applica nell’esercizio di superare i grillini sul loro stesso terreno, puntando il dito contro la decisione «di ferragosto» di nominare Paolo Simioni, il neo presidente e Ad di Atac, anche direttore generale, «con uno stipendio annuo di 240 mila euro».

Sulla questione il M5S tace. Mentre è immediata la risposta a Delrio che dalle colonne del Messaggero ieri ha invitato l’amministrazione capitolina ad assumersi «le proprie responsabilità». Il ministro spiega che la questione Atac è «forse anche più seria e complessa» di quella dell’Alitalia. E il paragone «è purtroppo pertinente»: «Il rischio del dissesto finanziario è reale e, sottolineo, non va sottovalutato. Già due manager hanno lasciato il campo e non vorrei che anche il terzo gettasse la spugna».

Poi il ministro annuncia che il governo è «disponibile ad aprire un dialogo» con la giunta sui 500 milioni richiesti «per il rinnovo del materiale rotabile delle metropolitane A e B». Però, avverte Delrio, «chi ha la responsabilità deve cercare soluzioni concrete. Il tempo in questi casi non va lasciato scorrere».

«Voglio tranquillizzare il ministro Delrio – ribatte Meleo – Non c’è alcun immobilismo su Atac. A capo dell’azienda c’è una nuova governance perfettamente consapevole del compito affidato: risanare e rilanciare l’Atac mantenendola pubblica. Siamo consci delle difficoltà ereditate. Se il ministro Delrio finanzierà quanto richiesto siamo pronti ad avviare il recupero di oltre 15 anni di debito manutentivo del materiale rotabile e dell’infrastrutture delle metropolitane».