Moussa Khalil Issa vive da quasi 14 anni in Italia, origini sudanesi, è un mediatore culturale. Scuote la testa, non si era mai trovato di fronte a una scena come quella di venerdì. Lavora per Recosol, la rete di comuni solidali, che a Bardonecchia – l’amministrazione è una degli aderenti – gestisce insieme a Rainbow4Africa il piccolo centro accoglienza per i migranti che vengono quotidianamente respinti dalla Francia. Racconta: «Erano cinque doganieri armati. Sono entrati nella sede della nostra associazione con modi arroganti e minacciosi, strattonavano un ragazzo.

Abbiamo chiesto spiegazioni, dicendo che non potevano entrare qui, uno di loro mi ha fatto cenno di starmene zitto». Insieme a Khalil Issa e a medici di Rainbow4Africa, c’era anche Roland Djomeni, origini camerunesi, da due anni in Italia, anche lui mediatore, che mostra le immagini dell’irruzione: «Sono stati 15 minuti di paura. Erano le 19,44, ricordo precisamente l’orario, non posso dimenticare quei momenti. I poliziotti hanno occupato la nostra stanza e messo all’angolo il ragazzo, lo trattavano come fosse un criminale, era spaventato, volevano il prelievo delle sue urine e volevano farlo subito. Lo hanno fatto e hanno abbandonato qui il giovane».

Tutti i giorni da febbraio Moussa e Roland si occupano di dare ospitalità ai migranti che vengono rispediti indietro dalla gendarmerie. «Li scaricano qui davanti alla stazione ma non era mai successo che entrassero dentro la nostra sede». Perché sono entrati, perché tanta foga? «Non sappiamo, forse per loro era normale farlo o forse volevano vedere cosa facciamo, cosa c’era dietro alla nostra porta». Forse non amano molto le reti d’accoglienza che cercano di attenuare i disagi dei migranti. Il flusso qui a Bardonecchia è in calo da quando i migranti hanno abbandonato il passaggio del Colle della Scala preferendo il tragitto che da Claviere porta al Monginevro. A ottobre l’afflusso è stato di 445 persone, a febbraio di 314, a marzo poco più di 200.

Nella sede entra Piera Marcello assessore alle Politiche sociali: «Ci auguriamo che quello che è accaduto non oscuri il lavoro il progetto di accoglienza e assistenza che portiamo avanti. In collaborazione con la prefettura di Torino, gestiamo questo centro con risultati soddisfacenti: ci sono i mediatori di Recosol, i medici di Rainbow4Africa, oltre a fornire ospitalità diamo informazione sui diritti che i migranti hanno in Italia, spesso non li conoscono. Siamo forti di un articolato tessuto di volontariato che per un comune di 3mila abitanti sono un vanto. Con le autorità francesi non avevamo mai avuto problemi, ma abbiamo notato da parte degli agenti un approccio poco umano». La gendarmerie francese sostiene che poteva entrare nella stanza: «Non è vero, si riferiva ai tempi in cui esisteva ancora la dogana».

Il sindaco Francesco Avato, eletto nel 2016 con il 50% dei voti, è netto: «Un episodio estremamente spiacevole che non dovrà più verificarsi. Non avevano alcun diritto di introdursi lì dentro. Quella è una stanza gestita dal Comune con dei mediatori. È uno spazio calmo, neutro, dove si incontrano i migranti, si parla con loro, si spiegano i rischi del viaggio che hanno deciso di intraprendere e si cerca di convincerli a rimanere in Italia, dove possono trovare accoglienza».