La Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia che autorizza l’uso dei farmaci negli Stati Uniti, ha approvato con una procedura accelerata un nuovo farmaco contro la malattia di Alzheimer, che colpisce circa 55 milioni di persone nel mondo e un milione in Italia. Il principio attivo si chiama lecanemab ma sarà commercializzato con il nome di Leqembi. Si tratta di un anticorpo monoclonale che, in uno studio su 1800 volontari, ha dimostrato di rallentare il declino cognitivo dei malati. Il farmaco è stato messo a punto da due aziende farmaceutiche, la statunitense Biogen e la giapponese Eisai e costerà circa 26 mila dollari l’anno. Il farmaco viene assunto attraverso infusioni da ripetere ogni due settimane e punta a eliminare gli accumuli di proteina amiloide nel cervello, ritenuti all’origine della malattia.

La Alzheimer’s Association, la principale associazione di malati di Alzheimer, si è detta «entusiasta» per la notizia, una «pietra miliare per i destinatari della terapia».

Si tratta del secondo farmaco autorizzato contro le cause dell’Alzheimer, per il quale esistono solo farmaci sintomatici. Tutti sperano che abbia un impatto superiore a quello avuto dal primo, l’Aduhelm approvato nel 2021 della stessa Biogen. In quel caso, infatti, i dubbi della comunità scientifica sui dati presentati dall’azienda furono tali che il programma sanitario governativo Medicare, che negli Usa copre le spese mediche degli over 65, negò la copertura assicurativa per il farmaco. Non avendo ricevuto un’autorizzazione neppure in Europa, l’Aduhelm è rimasto finora inutilizzato.

I pazienti ora temono che il programma Medicare neghi la copertura anche per il lecanemab, garantita solo ai malati coinvolti nelle sperimentazioni finché i farmaci non otterranno l’autorizzazione piena e non «accelerata». Perciò, anche il lecanemab potrebbe rimanere sugli scaffali a causa di questa scelta definita «senza precedenti e sbagliata» da Joanne Pike, presidente dell’Alzheimer’s Association. «Senza accesso e copertura di questo e altri farmaci, le persone perdono giorni, settimane, mesi oltre a ricordi, capacità e indipendenza» ha detto Pike, che ora chiede rivedere la decisione di Medicare.

Anche nei confronti del lecanemab, però, gli esperti hanno qualche dubbio. L’efficacia è dimostrata dal rallentamento del declino cognitivo misurato su una scala compresa tra 0 e 18 punti. Dopo un anno e mezzo di terapia, il declino cognitivo dei volontari che non hanno assunto il farmaco è stato pari a 1,66 punti in media, mentre quelli a cui è stato somministrato il lecanemab è stato pari a 1,21 punti: una differenza così poco significativa da essere difficilmente percepita dai pazienti.

Questo suggerisce che occorra monitorare l’effetto del farmaco su periodi ben più lunghi per avere una valutazione affidabile della sua efficacia.

A fronte di questi risultati clinici piuttosto modesti, il farmaco pone dei quesiti rilevanti dal punto di vista della sicurezza.

L’uso del lecanemab aumenta il rischio di emorragie cerebrali di modesta entità e spesso asintomatiche, ma che in rari casi possono avere conseguenze gravi. Tra i volontari si sono verificati tre decessi per emorragia cerebrale che potrebbero essere associati all’uso del farmaco (e divulgati con ritardo sospetto).

Sulla reputazione della Biogen pesa soprattutto il precedente dell’approvazione dell’Aduhelm. Quella decisione controversa causò le dimissioni polemiche di tre esperti della Fda e ha condotto a un’inchiesta parlamentare negli Usa. Le conclusioni, pubblicate il 30 dicembre, dimostrano che la valutazione fu «decisamente atipica» e influenzata dalle strette relazioni tra i vertici dell’azienda e gli esperti della Fda. Ora la palla passa all’Agenzia Europea del Farmaco (Ema). La Eisai ha comunicato che all’Ema la richiesta di autorizzazione verrà presentata entro il mese di marzo 2023.