Non servirà a diminuire il sovraffollamento delle carceri (dove si contano almeno 14 mila detenuti in più rispetto ai posti disponibili) né, purtroppo, ad arginare il numero dei suicidi nelle celle e che finora sono stati ben 61 dall’inizio dell’anno (ai quali vanno aggiunti i sei avvenuti tra gli agenti di custodia). E non servirà neppure – almeno no come dovrebbe – a supplire alla carenza di organico di chi nelle prigioni ci lavora e che richiederebbe almeno 18 mila nuove assunzioni. Di tutto questo, che sono i problemi più urgenti, si parlerà forse in futuro con un altro provvedimento.

Il decreto carceri approvato ieri dal Senato (assente il ministro della Giustizia Carlo Nordio) con 104 voti favorevoli, 73 contrari e un’astensione contiene invece «un primo pacchetto di misure utili», come ha spiegato la presidente della Commissione Giustizia, la leghista Giulia Bongiorno, ma di certo non in grado di intervenire sull’emergenza che ormai quotidianamente si vive nelle prigioni. Per quella, ha spiegato Bongiorno, «certamente seguiranno ulteriori interventi».

Appena il tempo di approvarlo e il provvedimento da palazzo Madama è passato immediatamente alla Camera dove è stato assegnato alla Commissione Giustizia. Oggi alle 11 scadono i termini per la presentazione degli emendamenti che verranno votati lunedì a partire dalle 9 con conferimento del mandato al relatore entro le 13. Governo e maggioranza spingono per arrivare al più presto all’approvazione definitiva, motivo per cui, come già successo al Senato, anche a Montecitorio il governo chiederà la fiducia.

Un testo blindato, dunque, sul quale le opposizioni non avranno alcuna possibilità di intervenire. Tra le principali novità introdotte dal provvedimento c’è l’istituzione di un commissario per l’edilizia carceraria, l’assunzione di 1.000 agenti e l’incremento di 20 unità del personale dirigenziale penitenziario. Per quanto riguarda i detenuti vengono semplificate le procedure per accedere alla liberazione anticipata, aumentato il numero dei colloqui telefonici mensili da quattro a sei, con la possibilità da parte del direttore dell’istituto di autorizzarne ulteriori. E’ previsto anche un elenco delle strutture residenziali destinate ad accogliere coloro che hanno i requisiti per accedere alle misure penali di comunità, una novità criticata però da più parti a partire dal Coordinamento delle comunità di accoglienza (Cnca).

Il decreto introduce infine il reato di indebita destinazione di denaro o cose mobili con il quale viene punito il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altri, li destina a un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge. Reato per il quale è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni.

Tra i primi commenti al decreto c’è quello espresso dai Garanti territoriali dei detenuti, per i quali «il parlamento ha perso un’occasione di dare ascolto alle proposte dei garanti, delle camere penali, dei magistrati e degli operatori del terzo settore». Così come è stato approvato, proseguono i Garanti, «questo decreto si conferma una scatola vuota per i detenuti e inutile per fronteggiare l’emergenza carceraria». Di «intervento deludente» parla invece Giovanni Zaccaro, segretario di AreaDg, l’associazione che riunisce le toghe progressiste, per il quale il governo avrebbe dovuto lavorare «su due piani:interventi urgenti per risolvere il sovraffollamento carcerario e interventi strutturali per ridurre l’area di intervento penale, a cominciare dalla depenalizzazione delle droghe leggere. Invece – ha concluso Zaccaro – va in direzione opposta con più carcere per i piccoli reati e depenalizzazioni solo per i colletti bianchi».

Intervenendo in aula la senatrice di Avs Ilaria Cucchi ha letto i nomi dei 61 detenuti e sei agenti che si sono tolti la vita. «Non contesto quello che contiene questo provvedimento – ha spiegato – ma quello che non contiene. Doveva servire a svuotare le carceri vista la grave situazione che vivono i detenuti e agenti, non serve a nulla».