La violenza di genere non può aspettare. É affermato nel disegno di legge «Codice Rosso» approvato ieri dal Consiglio dei Ministri. La misura, annunciata dal premier Conte lo scorso 25 Novembre nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne, nasce dalla collaborazione dei due alleati di governo. I primi due firmatari sono infatti la Ministra della Pubblica Amministrazione Bongiorno, già impegnata nella lotta alla violenza di genere con la fondazione «Doppia Difesa», e il ministro della Giustizia Bonafede.

IL PROVVEDIMENTO modifica il Codice di Procedura Penale in cinque punti. Ad esempio con la rettifica dell’articolo 347 si estende ai reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni gravi, compiuti da parenti o conviventi della vittima, l’obbligo per le forze di polizia di trasferire con immediatezza la denuncia alla procura senza poterne valutare l’ urgenza. Precedentemente la tempestività di queste comunicazioni ai pm era invece arbitraria.

È IL RICONOSCIMENTO dell’urgenza, come elemento imprescindibile nella trattazione dei casi di violenza sulle donne, il principio che ispira tutto il disegno di legge. Anche per le procure i tempi vengono ridotti . Infatti i pm avranno adesso massimo tre giorni di tempo dalla ricezione della notizia di reato per ascoltare e registrare la testimonianza della vittima. Modificato anche l’articolo 370 del Cpp che ora impone alla polizia giudiziaria di istituire un canale preferenziale per le indagini che riguardano i reati sopracitati. Anche le forze dell’ordine sono coinvolte dal provvedimento. Polizia e Carabinieri dovranno attivare entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge dei corsi di formazione per gli agenti, al fine di implementare le competenze utili ad affrontare i casi di violenza e a relazionarsi con gli uomini maltrattanti dentro gli istituti penitenziari.

SI TRATTERÀ DI UNA MISURA a costo zero, al punto 5 del ddl viene specificato che l’implementazione non dovrà comportare costi aggiuntivi. È proprio l’assenza di fondi per il trattamento e la prevenzione della violenza di genere uno degli elementi più contestati a questo governo dal movimento eterogeneo che la scorsa settimana è sceso in piazza. In prima fila lo scorso sabato a Roma c’erano centri anti-violenza, consultori e spazi femministi che hanno espresso preoccupazione per la progressiva riduzione dei finanziamenti pubblici per i servizi sul territorio. Ma anche per l’attacco all’autonomia degli spazi femministi in molte città dove Lega e M5S governano. Luoghi che costituiscono il primo rifugio sicuro per tante donne, spesso migranti, che fuggono situazioni violente.

«UN PROVVEDIMENTO opportuno» commenta la rete dei centri anti-violenza DiRe «ma in contraddizione con altre misure del governo come il dll Pillon. Invece è necessario un cambio della cultura giuridica, servono politiche integrate e non interventi estemporanei». Nel frattempo i fondi per i centri antiviolenza stanziati alle regioni nel bilancio 2018 non sono ancora stati trasferiti. Mentre nella manovra attuale si prevede un taglio di 500 mila euro all’anno al Fondo per le pari opportunità, nel triennio 2019-2021.