È dalle parole e dal tono usato dal procuratore capo di Milano Francesco Greco che emerge tutto lo sconforto nel rivedere politica, imprenditori e criminalità organizzata fare affari insieme. «Sinergia» la chiama Greco, «come purtroppo spesso avviene da tempo, qui in Lombardia politici e imprenditori locali si appoggiano e sono collusi con cosche della ‘ndrangheta». Tornano anche le mazzette vecchio stile, quelle date in contanti al bar, e torna soprattutto il centro destra lombardo, negli ultimi vent’anni spesso in mezzo a tangenti, appalti truccati e rapporti con la criminali organizzata.

TRA GLI ARRESTATI ci sono gli esponenti di spicco della classe politica emergente di Forza Italia in Lombardia e Piemonte, i due vicecoordinatori regionali lombardo e piemontese Pietro Tatarella e Diego Sozzani, e il sottosegretario lombardo Fabio Altitonante. Finanziamenti illeciti sarebbero arrivati anche a Fratelli d’Italia. Tatarella e Altitonante in particolare, che negli ultimi anni hanno spesso fatto coppia negli eventi pubblici del partito, sono due figure in ascesa dentro a Forza Italia. Il primo ha 36 anni ed è candidato nella circoscrizione nord-ovest alle prossime elezioni europee, oltre che essere consigliere comunale a Milano e vicecoordinatore regionale del partito. In queste settimane è piuttosto semplice imbattersi in uno dei suoi manifesti elettorali in città. Il secondo è un consigliere regionale forzista e sottosegretario della giunta lombarda del leghista Fontana con delega allo sviluppo dell’area che fu di Expo 2015.

Con questa inchiesta la procura stoppa la loro ascesa politica: Tatarella è finito in carcere, Altitonante agli arresti domiciliari. In tutto sono state 43 le misure cautelari emesse dalla procura di Milano tra politici, imprenditori e uomini delle cosche, di cui 12 in carcere e 16 ai domiciliari. 95 gli indagati. Le accuse sono di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, abuso d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti, corruzione per spartirsi appalti pubblici.

L’inchiesta è dell’antimafia milanese diretta dal procuratore aggiunto Alessandra Dolci che ha coordinato i pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri. Gli arresti, hanno spiegato i magistrati in conferenza stampa, sono scattati per interrompere un continuo susseguirsi di reati che gli investigatori stavano ascoltando nelle intercettazioni.

TANTE STORIE SEPARATE con alcune persone a fare da filo conduttore: l’ex coordinatore provinciale varesino Gioacchino Caianiello, Pietro Tatarella e l’imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali Daniele D’Alfonso, della società Ecol-Service. A lui è stata contestata l’aggravante mafiosa per aver agevolato il clan della ‘ndrangheta della famiglia Molluso attiva a Corsico.

Al centro dell’inchiesta ci sono le aziende municipalizzate e gli appalti pubblici, il meccanismo funzionava così: il politico faceva pressione sui tecnici comunali che agevolavano la vittoria delle aziende degli imprenditori amici del politico, imprenditori che poi in diversi casi facevano lavorare uomini delle cosche della ‘ndrangheta lombarda.
A oliare tutto le tangenti. Ci sono i piccoli comuni del varesotto e del milanese, ma c’è anche la “capitale morale” Milano. Di abuso d’ufficio è accusato l’attuale direttore del settore Urbanistica nel Comune di Milano Franco Zinni, mentre di turbativa d’asta e corruzione è accusato Mauro De Cillis, responsabile operativo della municipalizzata milanese Amsa, quella che gestisce i rifiuti della città. Nell’inchiesta sono finiti bandi delle società municipalizzate di Milano Amsa, A2a e MM, «ci sono accertamenti su una decina di aziende» hanno spiegato i magistrati. C’è lo sblocco di una pratica edilizia per una villa a Milano, c’è l’appalto 2017-2020 per il comune di Milano del servizio di pulizia della neve.

L’indagine sfiora anche il presidente della giunta lombarda Attilio Fontana, al momento indicato come «parte lesa» perché avrebbe rifiutato una «istigazione alla corruzione» fatta dall’ex coordinatore provinciale di Varese di Forza Italia Gioacchino Caianiello. Nel marzo 2018 Caianiello aveva proposto a Fontana di mettere a capo del settore Formazione della Lombardia il direttore generale dell’Afol e come ricompensa del favore prometteva a Fontana la nomina nel collegio sindacale di Afol, facendogli avere importanti consulenze, dell’avvocato socio di studio legale di Fontana Luca Marsico, non rieletto in consiglio regionale. Fontana rifiutò, anche se non denunciò il tentativo di corruzione e Marsico ottenne poi un incarico in Regione. «La posizione di Fontana la stiamo valutando in queste ore» ha detto Greco. Nel pomeriggio su richiesta delle opposizioni Fontana ha riferito in aula dove ha annunciato di aver sospeso Fabio Altitonante dal ruolo di sottosegretario regionale al post Expo e scagionato se stesso da ogni illazione: «scelte compiute all’insegna della correttezza e della competenza».

L’inchiesta però pesa politicamente sul rapporto Lega-Forza Italia e pesa sull’operato e la vigilanza del presidente leghista Fontana. Un’inchiesta chiamata dai magistrati «mensa dei poveri» perché così gli intercettati chiamavano il ristorante Da Berti di Milano dove Tatarella incontrava i suoi amici imprenditori. È lo stesso ristorante dove nel settembre 2011 l’allora vicepresidente del Consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani intascò una tangente da 100 mila euro, l’episodio che segnò l’inizio della fine della giunta e dell’era Formigoni.