Mentre la Turchia naviga le perigliose acque della crisi della lira turca, sorprende la notizia di alcuni importanti rilasci dalle carceri turche. Taner Kilic, presidente di Amnesty Turchia, è stato liberato in attesa di processo dopo oltre un anno di carcere.

Era stato arrestato nel giugno 2017, accusato di collegamenti con l’imam Fetulah Gülen che Ankara accusa di essere la mente del tentato golpe del 2016. Gioia nelle sedi di Amnesty International, che parlando con la stampa ha tuttavia detto di aspettarsi un ulteriore e definitivo passo avanti: la caduta delle accuse a carico di Kilic e degli altri attivisti coinvolti nel processo.

Soltanto martedì scorso sono stati invece liberati i due soldati greci in carcere dal marzo scorso nella città di Edirne, dopo che avevano sconfinato in territorio turco. Ankara li aveva accusati di spionaggio, ma per Atene i due militari avevano soltanto perso l’orientamento a causa del maltempo mentre erano di pattuglia sul confine tra i due paesi.

Il ministro della difesa greco Kammenos li aveva definiti due «ostaggi» in mano turca, perché il governo di Ankara avrebbe cercato di scambiarli con otto soldati turchi fuggiti in Grecia dopo il tentato golpe del 2016, che tuttavia Atene si rifiuta di estradare.

Il rilascio di Kilic e dei militari greci sollevano speranze sul fatto che la Turchia stia cercando di stemperare le tensioni con i paesi europei mentre affronta l’ostilità americana. Dall’Europa sono arrivati segnali positivi. Angela Merkel ha definito la soluzione della crisi monetaria turca di interesse vitale anche per i paesi europei, mentre secondo l’agenzia Reuters il presidente francese Macron ed Erdogan avrebbero parlato al telefono per gettare le basi di una cooperazione.

L’Europa cerca dunque di sfruttare la crisi turco-americana per riallacciare i rapporti con Ankara e far ripartire la diplomazia, dopo mesi di conflitto sulla situazione dei diritti umani e civili nel paese anatolico. Una linea ben diversa dall’oltranzismo dimostrato dalla Casa bianca, che ha ribadito che l’aumento delle tasse sulle importazioni dalla Turchia resteranno anche se il pastore Andrew Brunson, l’uomo divenuto simbolo dello scontro, verrà rilasciato.
Intanto la lira turca è al terzo giorno consecutivo di recupero nei confronti del dollaro americano, segno che la strategia di Trump comincia a scricchiolare.

Il ministro delle finanze turco Albayrak ha negato che il paese possa ricorrere al Fondo monetario internazionale e dichiara di puntare alla cooperazione con Europa e Cina per superare la crisi.

L’aiuto più consistente è però arrivato dal Qatar, che ha promesso un’iniezione da 15 miliardi di dollari nell’economia turca. Gli StatiuUniti sono così sempre più isolati nella lotta economica contro Ankara.