Non dice che è andata bene, ma non si spinge fino a dire che è andata male. C’è un voto «di protesta» che a Roma ha pesato molto, ammette, «e a Milano meno», ma il presidente del consiglio non sta lì a rompersi la testa sul perché e il cosa protesta chi protesta.
A mezzogiorno quasi in punto Matteo Renzi si presenta ai giornalisti nella sede del Nazareno e ’ci mette la faccia’. Prima dei candidati che andranno al ballottaggio, come Sala a Milano e Giachetti a Roma, che per parlare aspettano il pomeriggio. «Non siamo contenti. Non siamo come gli altri che indossano il sorriso di ordinanza, volevamo fare meglio soprattutto a Napoli, dove c’è il risultato peggiore del Pd», va subito al punto. E annuncia che al Pd di Napoli, dopo il secondo disastro consecutivo alle amministrative arriverà presto un commissario (l’ennesimo). Ma nessuno si permetta di dire che il Pd ha perso. Anzi, nessuno si cimenti a fare un bilancio nazionale del voto delle amministrative: «Non ha un segno univoco», dice, «il risultato è frastagliato», «a macchia di leopardo». Sarà, ma le perdite sono diffuse su tutto il territorio nazionale. Certo, in maniera diversa.

Innanzitutto, prosegue, non ci provino i 5 stelle: «Su 1.300 sindaci il Pd ne porta a casa quasi mille» e invece «il movimento di Grillo è andato al ballottaggio in venti comuni sui 1.300». Sotto a chi tocca: il leader della Lega fa il gradasso per il successo di Giorgia Meloni a Roma? «Salvini esce dal voto «stra-indebolito», «la Lega crolla, sta sotto il 3 a Roma ed è doppiato da Berlusconi a Milano, doppiato. Forza Italia esiste ancora e ottiene risultati positivi a Napoli, Milano, Trieste. Ma scompare da Cagliari a Torino, da Bologna a Roma». Qui Renzi starà anche cercando la benevolenza dei forzisti per il ballottaggio romano, ma ha ragione da vendere. L’ex Cavaliere, che pure percorre il suo Sunset Boulevard politico, è riuscito a non far vincere Meloni a Roma e a piazzare i suoi candidati al ballottaggio a Milano e Napoli. Un capolavoro.

Renzi va avanti: lo accusano di aver sbagliato a anticipare la campagna per il sì al referendum? Qui in effetti mastica male, è un errore di comunicazione, materia in cui si considera il numero uno. Infatti non ci sta: «Sono partite profondamente diverse», «il referendum impatterà sull’azione del governo avendo già evidenziato le ripercussioni in caso di fallimento» (se perde ha detto che se ne va), anzi è convinto che «chi ha esercitato un voto di protesta al referendum non potrà che votare sì».

Poi c’è da contenere in anticipo il ringalluzzimento della minoranza dem che oggi ha l’occasione di rialzare la voce. Per esempio sulla legge elettorale. Gianni Cuperlo su facebook già si chiede se «alla luce di una realtà dell’offerta politica costruita su tre poli, qualcuno si porrà la domanda sull’ipotesi concreta che a un ballottaggio eventuale possano approdare il M5S e una destra ricompattata come a Milano». Tradotto per sommi capi: se il risultato del capoluogo lombardo si riproponesse alle politiche, l’Italicum potrebbe essere la Waterloo del Pd. Meglio il premio alla coalizione, e meglio rifare le coalizioni di centrosinistra. Ma Renzi non ci pensa: «La sinistra radicale che per mesi ci ha spiegato come funzionava il mondo non entra in partita né a Roma, né a Torino». Quindi l’Italicum non si tocca: «Confermo su tutta la linea, il premio va alla lista» e il Pd resta «il Pd partito a vocazione maggioritaria immaginato da Veltroni».

Anzi avverte: «Il dato nazionale del Pd, comprensivo delle liste civiche che non si presentano alle politiche, ci porta intorno al 35 per cento e in molte realtà ben oltre il 40», attenzione al numerino, è quello che fa scattare il premio di maggioranza al primo turno. Poi c’è la questione dell’alleanza con l’Ala di Verdini, che si è rivelata un disastro a Napoli e Cosenza, dov’era persino formalizzata. La minoranza attacca e Renzi ammette: «Dove si è cercato di fare alleanze non hanno funzionato minimamente». Se ne riparlerà, c’è da giurarci nella riunione di direzione che si terrà subito dopo i ballottaggi.

I più duri sono a Milano e a Roma. A Milano, che è la «non vittoria» più cocente per il premier. Infatti le dedica giusto due parole: «Sala sta al 41,9, uno dei risultati migliori». Sicuro: ma lo sfidante Parisi sta al 40,7. Poi c’è Roma. «Onore al merito di Giachetti, ha fatto un mezzo miracolo, ora vogliamo fare l’altro mezzo».