L’esercito siriano e i suoi alleati continuano ad avanzare nella provincia di Deir Ezzor rimasta per oltre tre anni sotto il controllo dell’Isis. Nelle ultime ore le truppe siriane hanno ripreso il giacimento petrolifero di al Taim e delle zone circostanti e hanno rotto l’assedio in cui i jihadisti da mesi tenevano la base aerea militare di Tamin. La riconquista, per ora solo parziale, della città, l’ultima importante roccaforte del Califfato in Siria, significa anche poter rifornire in maniera più regolare la popolazione civile che ha un bisogno disperato di generi di prima necessità. Manca tutto, dal cibo alle medicine. L’esercito siriano conta di riprendere il controllo di tutta la regione di Deir Ezzor fino al confine con l’Iraq. Sulla sua strada però rischia di trovare le Forze democratiche siriane (Sdf). Dominate dalle Unità di Difesa del Popolo curdo (Ypg) e appoggiate dagli Stati Uniti, le Sdf sono già impegnate nella battaglia per il controllo di Raqqa – la “capitale” dell’Isis in Siria – e ora si stanno lanciando in un’offensiva per catturare la parte settentrionale della provincia di Deir Ezzor. L’obiettivo ufficiale è quello di far arretrare ulteriormente gli uomini dell’Isis. Ma in realtà, con l’appoggio aperto degli Stati Uniti, le Sdf cercando di impedire che le forze armate siriane possano riprendere il controllo di tutta la provincia di Deir Ezzor, con i suoi vitali giacimenti petroliferi e le sue centinaia di chilometri di confine con l’Iraq. Senza dimenticare che per questa provincia passa un’autostrada che collega Baghdad a Damasco.

Stando a quanto si è appreso, l’ultima decisiva riunione per il lancio dell’offensiva si è svolta ad al Shadadi, una città nella parte meridionale della provincia di al Hasaka che costeggia con quella di Deir Ezzor. All’incontro avrebbero partecipato anche ufficiali statunitensi. I curdi pensano a una Siria federata e che più territorio riusciranno a conquistare oggi e più probabile sarà in sede di negoziati futuri ottenere il controllo definitivo del Rojava, nella Siria settentrionale. Così facendo però assecondano anche i disegni americani decisi a impedire che Damasco possa controllare tutto il confine con l’Iraq realizzando quello che Usa e Israele descrivono come il “piano dell’Iran” di arrivare, attraverso i territori degli alleati Iraq e Siria, fino al Mediterraneo. Tehran, afferma il premier israeliano Netanyahu, intende costruire una base navale sulla costa siriana attraverso la quale estendere la sua influenza sul Mediterraneo. E molti hanno letto nell’attacco lanciato giovedì dall’aviazione israeliana contro l’impianto militare di Maysaf (Hama) un avvertimento rivolto ai vari attori della crisi siriana, in particolare alla Russia, alleata di Damasco e Tehran, per spingerla ad intervenire con più decisione per limitare la presenza degli iraniani in Siria. Contro quel raid il Libano presenterà un reclamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I jet israeliani, denuncia Beirut, sono entrati nello spazio aereo libanese e poi, da una zona a ridosso del confine con la Siria, hanno sganciato i missili contro Maysaf.

Intanto i rappresentanti dei gruppi armati e islamisti siriani schierati contro il governo di Damasco hanno confermato la loro partecipazione al prossimo round di colloqui sulla Siria che si terranno ad Astana, in Kazakistan, promossi da Turchia, Russia e Iran. Ieri ad Astana erano presenti i presidenti di Turchia e Iran, Erdogan e Rohani. Nelle prossime settimane è inoltre previsto il negoziato a Ginevra tra il governo siriano e le opposizioni, mediato dall’inviato dell’Onu per la Siria, Staffan De Mistura