Mentre il mondo cerca di mitigare il riscaldamento globale, la tempesta tropicale «Ana» travolge cinque paesi dell’Africa meridionale, provocando una crisi umanitaria come non si vedeva da decenni. Le forti piogge hanno lasciato oltre 450 mila sfollati e oltre 90 morti nella regione.
«Ana» si è formata sull’Oceano Indiano e spostandosi verso ovest ha colpito il nord del Madagascar, Mozambico, Malawi (che ha dichiarato lo stato di emergenza), Zambia, Zimbabwe e ora si muove verso Mauritius. Il suo passaggio con forti piogge e venti ha causato lo straripamento dei fiumi, allagamenti e smottamenti. Molte infrastrutture pubbliche sono danneggiate, comprese le strutture sanitarie e le abitazioni. In molte zone servizi di base interrotti e nessun soccorso per le persone colpite.

Il premier mozambicano Agostinho do Rosário nei giorni scorsi ha detto che «il Paese non sta chiedendo aiuto, ma la sfida da affrontare è più grande della capacità di qualsiasi Paese». Il ministro ha sottolineato la crescita di frequenza e intensità degli eventi meteorologici avversi: «Non contribuisce molto al cambiamento climatico, eppure siamo uno dei Paesi che soffre di più il suo impatto». Il disastro ha causato almeno 20 vittime e 130 mila sfollati nelle province di Niassa, Nampula, Zambézia, Tete, Sofala e Manica. Secondo la coordinatrice dell’Onu in Mozambico, Myrta Kaulard, «la vulnerabilità è altissima e la sfida è titanica».

L’Africa Center for Disease Control and Prevention (Centro Africano per la prevenzione e controllo delle malattie) – un istituto tecnico specializzato dell’Unione africana che monitora e sostiene le iniziative di salute pubblica degli Stati membri e rafforza le loro capacità – ha tenuto una riunione di emergenza con i vari Centri di collaborazione regionale dell’Africa orientale e meridionale (Rcc) per coordinare e allineare le attività di risposta alle emergenze in tutta la regione. L’Unione africana si è impegnata anche attraverso la sua Commissione per sostenere nell’emergtenza i paesi colpiti.

Sebbene l’Africa contribuisca meno al riscaldamento globale ne rimane l’hotspot, quindi con il rischio di maggiori inondazioni, cicloni e tempeste tropicali con pesanti precipitazioni. Le emergenze saranno frequenti, visto che l’atmosfera assorbe tutta l’acqua che ironicamente è anche la causa della siccità nel continente.