Alla terza missione in Ucraina, sul campo, in due mesi e alla seconda nell’Oblast di Kiev, Amnesty international ha raccolto «prove inconfutabili di crimini di guerra commessi dall’esercito russo» sulla popolazione civile ucraina, in particolare nella regione di Kiev. Non sono accuse generalizzate ma prove dettagliate di ciascun crimine di guerra verificato attraverso l’analisi dei corpi riesumati, le visite ai palazzi bombardati, le interviste ai testimoni diretti, ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime, la verifica della provenienza dei proiettili trovati sul posto e lo studio di alcuni documenti lasciati dalle truppe russe. La delegazione di Amnesty International, guidata dalla segretaria generale Agnès Callamard, ha tenuto ieri a Kiev una conferenza stampa per illustrare il corposo rapporto di 44 pagine che contiene tutti i dettagli, disponibile sul sito dell’organizzazione che «da vent’anni conduce questo tipo di lavori su tutti i teatri di guerra dove è possibile – spiega il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury – incrociando anche le ricerche sul campo con le immagini da remoto e satellitari».

«Attacchi illegali dal cielo, uccisioni volontarie e ingiustificate di civili, torture», ha sintetizzato Agnès Callamard. Il rapporto si sofferma in particolare su Borodyanka, 60 chilometri a nord-ovest di Kiev, dove «il 1° e il 2 marzo una serie di attacchi aerei russi ha centrato otto palazzi in cui abitavano oltre 600 persone», causando «la morte di almeno 40 persone» che si erano rifugiate per la maggior parte nelle cantine dei palazzi», altre persone sono state uccise «all’interno dei loro appartamenti». Ci sono indirizzi, nomi e cognomi delle vittime e le testimonianze dei loro parenti sopravvissuti.

Allo stesso modo vengono esposti nel dettaglio gli orrori commessi a Bucha, circa 30 chilometri a nord-ovest di Kiev, dove «tra il 4 e il 19 marzo cinque uomini sono stati vittime di esecuzioni extragiudiziali in un comprensorio composto da cinque palazzi e un cortile interno situato nelle vicinanze dell’incrocio tra via Yablunska e via Vodoprovidna». «Da alcuni documenti militari recuperati a Bucha e analizzati da Amnesty International – si legge nel rapporto – è stato possibile risalire alle unità coinvolte. Tra queste, il 104° reggimento delle Forze aviotrasportate. Alcune di queste unità sono equipaggiate con fucili particolari che usano i proiettili rinvenuti nell’appartamento».

E poi ancora nelle città di Andriivka, Zdvyzhivka e Vorzel. In totale, nelle città e nei villaggi a nord-ovest di Kiev, gli esperti di Amnesty hanno documentato «22 casi di uccisioni illegali da parte delle forze russe, la maggior parte delle quali erano apparenti esecuzioni extragiudiziali». «Nel villaggio di Novyi Korohod è stato ucciso un operaio di 46 anni, Viktor Klokun. La sua fidanzata, Olena Sakhno, ha raccontato che alcuni abitanti del villaggio hanno recuperato e le hanno portato il corpo il 6 marzo: “Aveva le mani legate dietro la schiena con della plastica bianca e un foro di proiettile alla testa”, ha raccontato».

E ancora: «Olha, 32 anni, e Olexandr, 62 anni, rispettivamente moglie e padre di Oleksii Sychevky, sono stati uccisi mentre il convoglio di automobili con cui stavano viaggiando è stato colpito dal fuoco di quelle che secondo loro erano forze russe: “In quel convoglio c’erano solo civili in fuga. Quasi tutte le automobili avevano dei bambini a bordo”», ha raccontato il parente sopravvissuto aggiungendo altri dettagli.

«È fondamentale che tutti i responsabili, compresi quelli nella catena di comando, siano assicurati alla giustizia», ha detto Callamard che invita «le autorità ucraine, la Corte penale internazionale e altri a garantire la conservazione delle prove che potrebbero supportare futuri procedimenti penali per crimini di guerra».