Nuova tornata elettorale e nuova vittoria per Morena e Andres Manuel Lopez Obrador. Fatto salvo per il fallito referendum popolare in cui Amlo chiedeva un mandato per indagare, per corruzione, alte cariche dello Stato passate, le altre tornate elettorali sono state propagandate da Morena come vittorie.

Difficile considerarle sconfitte, se pur la percentuale di votanti e di voti raccolti dalla compagine di governo potrebbe aprire a riflessioni più ampie. Nelle elezioni di domenica scorsa Morena trionfa in quattro Stati sui sei in cui si è deciso il nuovo governo.

IL PARTITO DI AMLO governa in 21 dei 32 Stati del paese. L’asse Pri-Pan vince solo in Aguascalientes e Durango, mentre Hidalgo, Oaxaca, Tamaulipas e Quintana Roo vanno alla formazione del presidente. «Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza», domanda e risposta necessarie non tanto per il recente risultato ma sulla presidenza di Lopez Obrador più in generale.

Servirà del tempo per dare una risposta approfondita ma pare evidente, ad oggi, che dal punto di vista elettorale non ci siano avversari per il Movimento per la Rigenerazione nazionale. Pan, Pri e Prd, i partiti tradizionali del paese, non sembrano in grado di competere, nonostante fantasiose coalizioni che fino a qualche anno fa sarebbero parse fantascienza per analisti di mezzo mondo.

Ma non per l’Ezln e il Subcomandante Galeano che il 27 dicembre 2016 scrivevano: «1986, quando il Partito verde ecologista del Messico, il partito Movimento Cittadino, il Partito del Lavoro, il Partito della Rivoluzione democratica e il partito Movimento di Rigenerazione nazionale, si chiamavano ancora Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) e avevano Carlos Salinas de Gortari come delfino successore, la cui politica economica, oggi, approverebbero tutti, e il partito Nuova Alleanza e il partito Incontro sociale si chiamavano ancora Partito di Azione nazionale».

Di fatto ricordando origini e complessità non solo delle formazioni politiche attuali ma della struttura istituzionale messicana tutta.

IN POCHI ANNI Morena si è imposta e resta da capire se è per la forza del suo massimo rappresentante, per l’allargamento delle maglie del partito che hanno permesso a politici e politiche di lungo corso di saltare sul carro, cambiando anche il «sapore» del partito/movimento, o per il fallimento politico degli altri soggetti.

Secondo l’ex presidente di quello che fu l’Istituto federale elettorale, Luis Carlos Ugalde, «il marchio Morena è il migliore tra i partiti, perché il presidente della Repubblica continua a essere popolare e cede parte della sua popolarità ai suoi candidati, e perché i marchi del Pri e – in minore misura – del Pan si sono logorati dopo molti decenni di esistenza, avendo affrontato problemi e dato scarsi risultati».

Il nodo da qui al 2024, se si guardasse solo alla scadenza elettorale, sembrerebbe quello interno a Morena e la decisione su chi correrà al posto di Amlo alla presidenza. Ma guardando al Messico i problemi sono molti e molto radicati. In primis quello della violenza e del crimine organizzato.

COME SI CHIEDE il sociologo Raul Romero, «ora che queste elezioni sono finite, non sarebbe arrivato il momento di discutere in modo approfondito gli impatti economici, sociali, politici e culturali dei gruppi criminali in Messico? La criminalità organizzata fa parte dello Stato messicano da molto tempo, e questo non finirà solo negandolo». Una domanda che guarda ad alcune, rivedibili, recenti dichiarazioni da parte del presidente.