Nelle strade di Harare l’altra sera l’aria si tagliava a fette: camion militari, cannoni ad acque e militari armati di fucili, spari ad altezza uomo da una parte e bastoni, lanci di pietre e falò di pneumatici dall’altra. La protesa di piazza è scattata subito dopo la dichiarazione con cui il leader dell’opposizione, Nelson Chamisa, ha bollato come «inaccettabili» i ritardi nella proclamazione dei risultati del voto di lunedì scorso, il primo dopo il ritiro forzoso dalla scena di Robert Mugabe, il dittatore rimasto al potere per 37 anni.

«Vogliamo Chamisa, vogliamo Chamisa», scandiva la folla che si è riunita davanti alla Commissione elettorale (Zec), non lontano dal palazzo del Parlamento. Secondo fonti di stampa locali e fotoreporter, i giovani sostenitori dell’opposizione si sono dispersi solo dopo la morte di un ragazzo, raggiunto all’addome da un proiettile e il ferimento di un’altro, sempre per colpi d’arma da fuoco.

Ieri la tensione era ancora alta e rovente la delusione dei giovani della capitale – roccaforte del Mdc, il Movimento democratico per il cambiamento incarnato oggi da Chamisa quale successore dello storico oppositore a Mugabe, Morgan Tsvangirai (morto a marzo all’età di 75 dopo essere stato imprigionato e picchiato dal dittatore ora 94enne).

Ma ha prevalso la volontà di non scatenare tumulti, anche perché la Zec ha annunciato che i risultati elettorali saranno proclamati già oggi e non l’ultimo giorno utile, sabato prossimo.

La percezione di vittoria dei supporter di Chamisa – a quanto pare dalla diffusione ancora ufficiosa dei dati parziali – era dovuta solo al voto dei cittadini della capitale. Il resto del Paese, a parte un’enclave nel Nord-ovest e altre sporadiche isole «rosse» – nella mappa pubblicata dalla Bbc – restano solidamente in mano al partito di potere, lo Zanu-Pf che da Mugabe ora è passato al suo ex braccio destro, Emmerson Mnangagwa, divenuto presidente nel 2013 attraverso un golpe silente dei militari dopo che l’anziano dittatore con un ultimo colpo di mano aveva deciso di affidare la successione non al suo vice ma alla giovane moglie, detta «Gucci Grace» per ritrarne il profilo da ambiziosa amante del lusso.

Emmerson Mnangagwa, detto «Ed» o anche «il coccodrillo» in ragione della spietatezza dimostrata durante la guerra d’indipendenza, ieri ha fatto appello alla pace e alla «maturità» del popolo dello Zimbabwe. Sostenendo di aver ottenuto, nel suo primo passaggio elettorale, la maggioranza assoluta che gli consentirà di non andare al ballottaggio con Chamisa l’8 settembre.