Avvocati, lavoratori, sindacati e opposizione si uniscono contro la «norma interpretativa» che il governo ha infilato nel decreto Energia con l’intento di evitare migliaia di reintegri in Ita, dopo i pronunciamenti dei tribunali di questi mesi.

Alla vigilia dell’inizio dell’esame parlamentare del decreto, i sindacati Usb, Cub, Assovolo e Navaid, che hanno patrocinato i ricorso ai giudici del Lavoro in tutta Italia, ieri pomeriggio hanno tenuto una conferenza stampa per denunciare ratio e conseguenze del testo inserito dal governo Meloni che punta a cancellare l’evidente continuità fra le due compagnie, comprovata dopo che è stato svelato – per primo dal manifesto – il contratto con cui Ita ha acquisito l’intero ramo «aviation» per un solo euro, consentendo, ai sensi dell’articolo 2112 del Codice Civile, ai lavoratori di Alitalia di conservare posto e stesse condizioni in Ita.

E hanno deciso di fare fronte comune e contestare insieme il decreto e il comportamento del governo e delle due aziende, difendendo i diritti non solo dei circa 1.500 lavoratori che hanno fatto causa ma anche dei 3.500 dipendenti Alitalia a cui fra poche settimane scadranno gli ammortizzatori sociali con la spada di Damocle di un probabile licenziamento. A partire da manifestazioni per contrastare l’approvazione della «norma» e l’idea di un esposto alla Procura della repubblica e alla Corte dei Conti per «bancarotta fraudolenta» nei confronti dei vertici di Mef, Ita e Alitalia.

UNA LOTTA CHE VIENE APPOGGIATA da Pd e M5s che con la responsabile Lavoro Cecilia Guerra e l’ex ministro Stefano Patuanelli sono intervenuti alla conferenza.
«Non si può calpestare lo stato di diritto – esordisce Cecilia Guerra – specialmente se si è parte in causa nei procedimenti in corso. La “norma interpretativa” è una scorciatoia per il governo. Noi ci impegniamo a cercare soluzioni più appropriate per la sorte dei lavoratori, la nostra preoccupazione primaria».

PIÙ LUNGO E ARTICOLATO l’intervento dell’ex ministro Stefano Patuanelli che ha esordito ricordando di avere seguito il «dossier Alitalia dal settembre 2019 al febbraio 2021» nel governo Conte II. «Ereditammo l’idea della cordata Fs, Delta (che non voleva investire) e Atlantia (che era lì solo per contare di più sul tavolo autostrade), poi arrivò il Covid. Lì avemmo l’idea di Ita e destinammo 3 miliardi per dar vita a una compagnia con un dimensionamento molto più ampio dell’attuale». Detto questo, Patuanelli ha definito «la norma di interpretazione una follia sia per le conseguenze per i lavoratori che per la compagnia stessa. Ho la speranza che su questo tema riusciremo a coinvolgere anche parte della maggioranza».

NELLA LOTTA ALLA TRACONTANTE gestione di Alfredo Altavilla, che impose il modello Fca in un’azienda pubblica, si era distinto l’allora capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Trasporti Fabio Rampelli. Appena insediato il governo Meloni però Rampelli è sparito e di Ita e Alitalia non parla più. Patuanelli invece si riferisce a Flavio Tosi di Forza Italia che aveva dato per scontate le vittorie dei lavoratori per la cessione di ramo d’azienda e potrebbe appoggiare una soluzione alternativa alla norma interpretativa voluta da Giorgetti.

«Il governo ha consiglieri giuridici di livello infimo: fanno riferimento a una legge che non esiste più e la norma interpretativa va a colpire gli interessi che vuole difendere», ha esordito l’avvocato Carlo Guglielmi. «La norma è un boomerang perché porta a far rischiare la galera ai vertici Ita e commissari Alitalia. Paradossalmente l’articolo 2112 sulla cessione di ramo d’azienda è l’ancora di salvezza per il governo: in questo modo possono gestire i lavoratori e salvare la compagnia», sottolinea l’avvocato Pierluigi Panici. «È una norma ad aziendam, una gravissima violazione delle regole», attacca il collega Andrea Bordone. «La norma non ha senso alcuno: parifica un parere della commissione Ue con una legge», sottolinea Sergio Galleano. «Propongo di presentare un’istanza al tribunale fallimentare di Civitavecchia, competente su Ita, e alla Corte dei Conti per frode ai danni dei creditori tutti», spiega l’avvocato Giuseppe Marziale.

UNITI ANCHE Fabio Staccioli (Usb), Antonio Amoroso (Cub), Carlo Furiga (Assovolo) e Danilo Baratti (Navaid), che hanno annunciato manifestazioni durante l’iter del decreto e lanciato un appello ai lavoratori di Ita e Alitalia.

Inizia invece a diventare assordante il silenzio sulla vicenda dell’intera Cgil.