La Banca Centrale Europea (Bce) sarebbe pronta ad attivare l’Outright monetary transaction (Omt), lo scudo anti-spread per l’acquisto di titoli di Stato creato nel 2012 durante la precedente crisi dei debiti sovrani. All’ex presidente della Bce Mario Draghi otto anni fa bastò evocare tale possibilità, pronunciando la formula magica «Whatever It takes» (costi quel che costi) per mettere le briglie alla volatilità dei mercati.

In una crisi del capitale di tutt’altra natura, l’Eurotower di Francoforte guidata da Christine Lagarde ieri ha fatto trapelare tale possibilità. Spingersi lì dove non ha fatto Draghi, è la prova della gravità della situazione. S

enza contare che lo scudo del banchiere italiano è a prova di falchi tedeschi. La Bundesbank era contraria alla sua attivazione perché violerebbe i trattati Ue sui finanziamenti diretti agli Stati. Dopo quattro anni di battaglia, nel 2016 la Corte costituzionale tedesca lo ha dichiarato legittimo.

In questa crisi il «no» della Commissione Ue agli aiuti di Stato è caduto, per il momento. Ieri le indiscrezioni sulla Bce hanno influito sull’andamento tra Btp e Bund. Lo spread è sceso a 180 punti base.

Questa vicenda torna utile per spiegare la mossa di Lagarde nei giorni dello scontro furioso tra i nove governi tra cui l’Italia e il fronte del «Nord» (Germania, rappresentata dall’Olanda) in corso sull’uso di un altro programma uscito dalla crisi di dieci anni fa – il Meccanismo europeo di stabilità (Mes-Fondo Salva Stati) e la sua reinvenzione come erogatore dei «Coronabonds».

La possibile attivazione dello scudo di Draghi (Omt) permetterebbe alla Bce di dirigere il «bazooka» lì dove fino ad oggi non è arrivato, se non molto parzialmente: il finanziamento delle politiche fiscali, tramite l’acquisto diretto dei titoli a breve termine emessi dai paesi che hanno bisogno di finanziare le misure per arginare i contraccolpi prodotti dal blocco dell’economia.

Il cerchio attivato con il potenziamento degli acquisti dei titoli da parte della Bce per oltre un triliardo di euro fino al 2020 potrebbe chiudersi: per attivare lo scudo è necessario che i governi ricorrano al «Fondo Salva Stati».

Ma qui rispunta lo spettro dell’austerità. Non potendo, o non volendo, trasformare la Bce in prestatrice di ultima istanza la proposta di adottare «senza condizioni» il velenoso Fondo Salva Stati, cioè senza piani di rientro che causerebbero un massacro sociale, è stata ostacolata nell’Eurogruppo.

Il suo presidente Mario Centeno ha detto che c’è l’accordo sul ricorso a un simile programma, limitatamente all’emergenza sanitaria. I prestiti potrebbero essere restituiti a lunga scadenza. Una posizione che è stata però respinta dal fronte dei nove.

A poche ore dall’incontro di oggi alle 13 in videoconferenza del consiglio europeo tra i capi di governo, non sarebbe taccettata l’ipotesi «coronabond».

Ieri è stata respinta da Berlino per cui sono sufficienti le misure adottate. Il «Mes» è utile «con le regole in vigore -ha detto Steffen Seibert, portavoce di Merkel- Sugli eurobond l’idea non è cambiata: anche in tempi di crisi è ancora necessario che controllo e garanzia restino nella stessa mano».

Il «Mes», tuttavia, non è sufficiente: sarebbe pari al 2% del Pil, 36 miliardi per l’Italia. Una cifra insufficiente da restituire, ancora non si sa a quali condizioni.

Per aggirare il muro la presidente Bce Lagarde ha suggerito l’adozione «una tantum» dei «coronabond», ma legati all’emergenza, e in forma diversa dagli Eurobond che per i tedeschi sono sinonimo di una mutualizzazione del debito e una politica economica europea.

Per Lagarde il «Mes» «resta il primo passo». Potrebbe essere l’ultimo.