Centrotrentasei a centrotrentacinque. Con un solo voto di scarto il Senato ha respinto ieri le richieste di sospensiva presentate da Lega e Forza Italia, permettendo così all’aula di proseguire la discussione sul ddl Zan. Se la legge contro l’omotransfobia è salva lo deve solo all’assenza «ingiustificata» di 12 senatori, sette dei quali proprio di Lega e Forza Italia, e al senatore barese Alfonso Ciampolillo, l’ex grillino oggi al Misto che a gennaio permise al governo Conte 2 di non cadere arrivando a votare la fiducia all’ultimo secondo. Ieri Ciampolillo si è ripetuto facendo ingresso in aula pochi istanti prima che la votazione si interrompesse e mandando così in frantumi i tentativi del centrodestra di bloccare il ddl.

LE SCENE viste a palazzo Madama lasciano però pochi dubbi su quale sarà il percorso della legge. Certo, i primi a mordersi le mani per come sono andate le cose dovrebbero essere proprio quanti la legge vorrebbero affossarla da sempre. Su complessivi 15 assenti del centrodestra, 3 leghisti e 4 azzurri sono risultati ingiustificati, vale a dire né in missione né in congedo. In aggiunta a questi si sono contati 14 assenti tra i banchi dei 5 Stelle, quattro dei quali senza una giusta motivazione. All’appello mancavano anche 4 senatori di Italia viva, tra i quali Matteo Renzi, tutti però giustificati. Fatti due conti, e visto il solo voto di scarto con cui le sospensive sono state bocciate, è bastato poco ai senatori di Fratelli d’Italia per accusare i colleghi di centrodestra di aver sprecato una buona occasione per far saltare il banco quando la partita era appena cominciata.

IL MESSAGGIO comunque è arrivato a tutti chiaro e forte e Matteo Salvini non ha perso l’occasione per ribadire quanto va dicendo da qualche settimana: «Il voto dimostra che la legge senza accordo muore, il Pd ci pensi», ha detto il leghista prima di recarsi a palazzo Chigi per incontrare il premier Draghi. «Immaginate cosa potrà accadere con il voto segreto», gli ha subito fatto eco Matteo Renzi lasciando intravvedere scenari tra i più bui per la legge.

L’OBIETTIVO per i due Matteo è sempre lo stesso. Rompere il fronte dei sostenitori del ddl contrario a ogni modifica e intervenire sulla legge spezzando allo steso tempo anche l’asse che sulla legge si è creato tra Pd e M5S. «Si cambino gli articoli 1, 4 e 7 come chiedono il mondo del femminismo, Arcilesbica, il mondo cattolico e tanti altri e si va a chiudere alla Camera nel giro di 15 giorni», insiste Renzi, che accusa i dem di non volere l’accordo perché «alla ricerca di consensi».

Il dibattito riprenderà oggi, ma la prossima scadenza attesa da tutti è prevista per martedì, quando al Senato scadranno i termini per la presentazione degli emendamenti. Contrariamente a quanto si aspettano in molti, pare che la Lega non presenterà la solita valanga di proposte di modifica al testo. «Al massimo una cinquantina, più che sufficienti per bloccare il testo», assicurava ieri il senatore Roberto Calderoli che grazie a un algoritmo all’epoca della riforma costituzionale preparò 83 milioni di emendamenti. Questa volta la scelta di metterne a punto un numero limitato potrebbe essere dettata dalla speranza di riuscire a convincere a votarne almeno uno anche i senatori di Italia viva approfittando del voto segreto che sicuramente verrà chiesto. Cosa che spedirebbe immediatamente il testo a Montecitorio con chissà quali esiti finali.
«Stiamo valutando se presentare emendamenti a seconda dell’atteggiamento delle altre forze politiche», ha fatto sapere ieri sera i capogruppo dei sentori renziani Davide Faraone. «Se sui nostri emendamenti si riuscirà a costruire un’ampia intesa d’aula è chiaro che li presenteremo, mentre se questa non ci sarà allora valuteremo. Noi comunque vogliamo manifestare una nostra identità, una nostra idea». La replica arriva a stretto giro: «La votazione sulle sospensive dimostra che è il centrodestra a non essere nito», dicono Pd, LeU e M5S. «Se ognuno fa la sua parte i voti per approvare il ddl Zan ci sono».