Nessuna pietà, nemmeno da morto, per Ibrahim Gokcek da parte della macchina schiacciasassi che è la repressione di Stato. Negli ultimi due giorni, dalla morte del bassista della band turca marxista Grup Yorum dopo 323 giorni di sciopero della fame, si sono scontrate le due facce della Turchia contemporanea: quella della battaglia per i diritti, la libertà e l’eguaglianza e quella fascistoide del regime costruito in due decenni di potere ininterrotto dall’Akp del presidente Recip Tayyip Erdogan.

Due facce che si sono fisicamente ritrovate a Gazi, quartiere operaio di Istanbul e a maggioranza alevita e curda, storicamente legato a doppio filo alla sinistra socialista e rivoluzionaria turca, sua base operativa per decenni. Lo dicono i cellulari della polizia, le auto degli agenti che lo pattugliano continuamente.

È qui a Gazi che Ibrahim è stato omaggiato giovedì, poco dopo aver perso la vita nella terapia intensiva dell’ospedale Reyap nella capitale culturale del paese.

Ed è qui che ieri mattina sono cominciate le violenze della polizia. Troppa gente, la giustificazione ufficiale, in violazione delle misure di contenimento del Covid-19.

Dal giorno prima in centinaia, poi migliaia, si erano ritrovati per l’ultimo saluto, tra le bandiere rosse e i fazzoletti gialli del Grup Yorum, i pugni alzati e i fiori, i baci dei parenti al volto scheletrico di un uomo che non mangiava da quasi un anno intero, il saluto di artisti, politici e dei familiari di Helin Bolek e Mustafa Kocac, morti poche settimane prima, anche loro dopo mesi di digiuno di protesta.

Ieri il corpo di Ibrahim avrebbe dovuto essere trasferito da Istanbul alla sua città natale, Kayseri, nell’Anatolia centrale. Non ci è arrivato. La polizia ha aggredito la folla davanti al centro di preghiera alevita del quartiere, gas lacrimogeni e proiettili di gomma lanciati dentro la sala per impedire i funerali, porte e finestre distrutte.

Chi si trovava all’interno ha tentato di difendersi sbarrando le porte con tavole e sedie. «I nostri compagni hanno formato una catena umana, ma la polizia ha sparato gas lacrimogeni e ha buttato giù la porta», racconta Seher Adıgüzel, un’altra musicista della band.

L’intero quartiere è stato chiuso, riporta l’agenzia curda Anf, mentre gli agenti anti-sommossa circondavano il centro. A nulla è servita la mediazione della parlamentare dell’Hdp, la giornalista e scrittrice Huda Kaya, né la presenza di giornalisti, tenuti a debita distanza.

Una ventina di persone sono arrestate, tra loro almeno due membri del Grup Yorum, Eren Erdem e Dilan Poyraz, e le legali di Ibrahim, Didem Baydar Unsal, Seda Saraldi e Doga Incesu, secondo quanto dichiarato dall’associazione di avvocati People’s Legal Bureau. Il corpo di Gokcek è stato preso e portato via dalla polizia.

Secondo l’agenzia Anka e la Bbc Türkçe, il cadavere è stato spostato nella sede della Mehmetçik Foundation gestita dall’esercito turco e sarà consegnato al padre Ahmet. Ai funerali, aggiunge la Bbc, potranno presenziare solo cinque persone.

La persecuzione della band simbolo della sinistra rivoluzionaria turca è senza soluzione di continuità dopo anni di raid contro il loro centro culturale Idil, gli arresti di membri della band e taglie da 42mila euro poste sulla loro testa, il divieto di tenere concerti da quasi cinque anni.

Per questo Helin Bolek, Ibrahim Gokcek, Baris Yuksel e Ali Araci hanno rifiutato il cibo per mesi. Helin ne è morta, Ibrahim l’ha seguita giovedì a soli due giorni dall’interruzione dello sciopero della fame: le autorità si erano dette disposte a permettere loro le esibizioni dal vivo.