Vestiti e scarpe usate, dischi, gioielli di plastica, video cassette, libri. Addio. Dopo 150 anni il Balon, storico mercato delle pulci di Torino, perde la sua parte più umile, quella che trasforma le povere cose in lavoro e integrazione. I commercianti che se ne devono andare sono un poutpourri di colori, con forte prevalenza del nero africano: ma non mancano gli italiani. Gli acquirenti idem. Tutti travolti da un processo di «riqualificazione» che vuole trasformare il quartiere di Porta Palazzo in una linea di montaggio dell’industria del «cibo di qualità». Nessuna novità nell’orizzonte delle città deindustrializzate che provano a cavare valore dal territorio, gli ultimi fili d’erba da brucare in un deserto di lavoro che mina la tenuta sociale delle comunità.

IERI MATTINA GLI OLTRE CENTO ambulanti che afferiscono a Vivibalon, l’associazione che da quasi venti anni organizza il mercato popolare più famoso della città, dovevano presentarsi nel gradevole sito che il Comune di Torino ha loro messo a disposizione: dietro al cimitero. Mesi fa la maggioranza 5S aveva pensato di spedire tutti a Mirafiori, dentro una parte della fabbrica che occupava 60mila operai. Nulla di più evocativo, ai più, parve uno scherzo. Poi sono tornati sui loro passi e così dietro al cimitero è parsa la soluzione ottimale.

IN UN LUOGO LONTANO da tutto, senza un bar, tra lapidi funerarie, su una spianata di cemento piantata nel nulla, gli ambulanti ieri mattina non ci sono andati. Si sono presentati tutti insieme al solito posto, al Balon, e hanno fatto il mercato tradizionale, però abusivo perché lì non ci possono più stare. «Resistenza al Balon» si leggeva su un lenzuolo in bella vista.

«Andare in via Carcano – spiega Alessandro Stillo, vicepresidente di Vivibalon – significa azzerare il reddito di queste persone. Ci vanno già la domenica dietro al cimitero, e non fanno affari. Togliere agli umili questo luogo di commercio storico di Torino, da sempre, significa togliere la possibilità di lavorare e guadagnare. Si tratta inoltre di una perdita culturale enorme: tutti i torinesi, poveri e ricchi, da sempre vengono in questo mercatino e hanno così la possibilità di mischiarsi, di conoscersi».

MA PERCHÉ se ne devono andare? L’assessore alla politiche sociali, Marco Giusta, preferisce «per scelta non rilasciare commenti» e rimbalza la palla all’assessore al Commercio, Alberto Sacco. Il quale rivendica il progetto di riqualificazione di Porta Palazzo attraverso la creazione di nuovi ristoranti e occasioni d’incontro ma, per quanto riguarda gli espulsi, a sua volta non commenta.

Sullo sfondo c’è il comitato di quartiere che protesta contro il degrado e il mito della «roba rubata»: il salvinismo avanza ovunque come un rullo compressore. Ma al mercatino si trovano oggetti dal valore semi nullo, ed è uno dei luoghi più controllati di Torino; e la morte di un giovane ambulante lo scorso anno, ucciso da uno squilibrato, avvenne proprio dove lo vogliono spostare.

Poi, sempre sullo sfondo, ci sono gli antiquari della parte «nobile» del Balon che vorrebbero meno «confusione», e dulcis in fundo, nella zona che vede operare i discendenti dei santi sociali di Torino, Sermig e Cottolengo, abbondano quelli che tacciono.

Stefano Lo Russo, capogruppo del Pd in Comune: «Noi impostammo la visione complessiva dell’intervento, loro hanno proceduto materialmente agli atti amministrativi. Il progetto nel suo complesso lo apprezziamo, e infatti come Pd lo abbiamo sostenuto in Consiglio comunale. Ma così come questa giunta lo sta sviluppando presenta una macrocriticità: l’intervento è fondato sulle pure forze del mercato, senza un accompagnamento sociale pubblico. Molto diverso da quanto fu fatto, ad esempio, nel quadrilatero romano negli anni novanta. Corriamo il rischio di andare verso una gentrificazione dura con effetti sulla zona Aurora, già ora molto delicata, piuttosto immediati».

GIOVANNI SEMI, DOCENTE di sociologia all’Università di Torino e studioso dei fenomeni di gentrification, ieri mattina era a Porta Palazzo: «La normalizzazione di questo mercato è il sigillo sul controllo e sulla trasformazione del quartiere. Chiude un ventennio e lo fa nella maniera più violenta possibile, eliminando la fascia più sgradevole e più facile: i più poveri. Ciò che mi lascia sgomento è l’insofferenza per tutto ciò che sembra degradante, un’insofferenza per cosa non rientra in una idea di decoro e di bello».

Con ogni probabilità gli espulsi torneranno sabato prossimo al Balon, per resistere con il loro mercatino ma, a differenza di ieri mattina, potrebbero trovare le forze dell’ordine ad aspettarli.