Aiuti per la prima emergenza e sostegno finanziario a Romania, Ungheria, Polonia e Slovacchia, i quattro Paesi confinanti con l’Ucraina destinati più degli altri a subire l’impatto maggiore di profughi. Ma anche la cancellazione dell’Ucraina dalla lista dei Paesi sicuri, cosa che è ovviamente non è più da quando i carri armati russi hanno invaso il suo territorio, in modo da accelerare le pratiche per il riconoscimento della protezione internazionale.

Sono solo alcuni dei provvedimenti che i ministri dell’Interno dell’Ue prenderanno oggi a Bruxelles in un vertice straordinario convocato proprio per far fronte alla crisi provocata dall’invasione russa. La Francia è presidente di turno dell’Ue e ieri il ministro Gerard Darmanin ha sentito al telefono i colleghi per mettere a punto le iniziative da intraprendere. Con un obiettivo preciso: fare in fretta, perché siamo solo all’inizio di un’emergenza che col passare dei giorni si fa sempre più grave. Basta dare un’occhiata ai numeri per rendersene conto.

Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) almeno 200 mila ucraini hanno già lasciato il Paese, con gli uomini che si fermano ai valichi di confine e dopo aver abbracciato la famiglia nella maggior parte dei casi tornano indietro a combattere. Chi parte, chi va via sono le mogli e i figli, che insieme ai più anziani arrivano nell’Unione e vengono accolti dalle guardie di frontiera. 100 mila sono entrati in Polonia, 10 mila in Slovacchia, che in poche ore ha visto passare il flusso degli arrivi da 1.500 al giorno a 10.000. Altri ventimila sono in Moldavia ma si registrano lunghe code di auto in fila al ceck point di Mayaky-Palanka, mentre la notte scorsa una fila di auto lunga 15 chilometri era in attesa di entrare davanti al valico rumeno di Porbne-Siret.

Numeri che non fai in tempo a leggerli che sono già vecchi visto l’assalto continuo a treni, pullman e traghetti da parte di decine di migliaia di persone. Alla stazione di Lviv, nell’Ucraina occidentale, ad esempio, a centinaia hanno atteso ieri sulla banchina di salire su un treno diretto in Polonia. Scene simili a quelle viste al ceck point di Isaccea dove ci si imbarca sul traghetto che collega l’Ucraina alla Romania.

Nel vertice di oggi si deciderà l’invio di tende, coperte, strutture modulari per l’accoglienza e la prima assistenza sanitaria dei profughi, ma anche un pacchetto di aiuti economici da destinare a Romania, Slovacchia, Ungheria e Polonia. Lo strumento prescelto dovrebbe essere il Fondo asilo, migrazione e integrazione dotato di 9,9 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 e che dovrebbe essere utilizzato anche per i ricollocamenti.

E’ prevedibile che la maggior parte degli ucraini si fermi in Polonia, dove già vivono 1,5 milioni di connazionali, e nei Paesi vicini nella speranza di fare presto rientro in patria. Ma chiunque abbia parenti o conoscenti in un Paese dell’Ue vorrà raggiungerli. Anche per questo il Viminale spinge per velocizzare le pratiche per i ricongiungimenti familiari. In Italia c’è una comunità ucraina forte di 248 mila persone, la maggior parte delle quali donne, e si attende quindi l’arrivo di qualche decina di migliaia di profughi. Negli ultimi anni le richieste di asilo presentate nel nostro Paese sono andate scendendo, passando dalle 4.600 del 2015, l’anno successivo all’annessione della Crimea da parte della Russia, alle 334 del 2021. Una flessione dovuta proprio al fatto che l’Ucraina fino a ieri era considerato un Paese sicuro, classificazione che adesso per forza di cose andrà rivista.

Ma i ministri dell’Interno lavoreranno, com’è ovvio, anche sulla sicurezza. Spinti dalla fretta di fuggire da un Paese in guerra, sono molti coloro che non hanno più i documenti. In attesa che le ambasciate ne rilascino altri temporanei, al momento dell’ingresso in Italia, come negli altri Paesi Ue, tutti gli ucraini verranno identificati. A tutti verrà inoltre fatto un tampone e il vaccino contro il Covid.