La destra, pur con molte contraddizioni, riesce a esprimere una linea di politica estera sufficientemente unitaria, in sintonia con quella Usa. Nel campo delle opposizioni assistiamo invece all’assenza di una visione comune.

Visione che sarebbe indispensabile se, per magia, domani la responsabilità del governo toccasse all’asse Pd-M5S-Verdi e Sinistra (non citiamo il falco Calenda che ha posizioni vicine a quelle del governo). Questo gruppo di partiti ha governato insieme dal 2019 al 2021, fortunatamente in assenza di gravi crisi internazionali.

Mercoledì in parlamento non è stato possibile arrivare ad una mozione comune in vista del consiglio europeo: ce sono state tre (sempre senza contare i centristi), molto diverse sul sostegno militare all’Ucraina ma, in parte, anche sul Medio Oriente. Solo Sinistra e Verdi hanno chiesto un «cessate il fuoco immediato», in linea con le manifestazioni che oggi attraverseranno l’Italia promosse da una vasta rete di associazioni, da Amnesty alla Cgil, Arci, Acli e gruppi cattolici. Pd e M5S si sono limitati a chiedere a Israele il «rispetto del diritto internazionale umanitario» a Gaza, dove muoiono quotidianamente centinaia di civili.

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I dem hanno chiesto una «pausa umanitaria» per far arrivare aiuti alla popolazione, Conte ha parlato di «corridoi umanitari». Sull’Ucraina le divisioni sono ancora più nette, con l’ormai consolidata frattura sull’invio di armi. Se al governo ci fosse questo schieramento, la maggioranza in Parlamento avrebbe faticato a dare un’indicazione politica al premier prima del consiglio Ue.
Il Pd è un problema nel problema. In parlamento alcuni esponenti della minoranza riformista si sono detti concordi con Meloni e Tajani. Schlein invece pare più vicina alla piattaforma delle piazze di oggi, dove sfilerà il mondo pacifista laico e cattolico.

I dem non sono riusciti a mettere insieme una delegazione, perché agli occhi di una parte del partito le parole d’ordine sono troppo sbilanciate per la Palestina. Mentre alcuni esponenti giorni fa erano andati alle manifestazioni del Foglio a sostegno della linea oltranzista del governo israeliano. Ieri il responsabile esteri Provenzano ha annunciato che in piazza «ci saranno anche tanti esponenti del Pd», senza indicare nomi: una formula che rende bene l’impasse.

A oggi tocca constatare che i progressisti non sono riusciti a fare come sul salario minimo, e cioè sedersi un tavolo e ritrovarsi, il prima possibile, con una posizione comune sui nodi principali di politica estera. Posizione che, in questo caso, auspicabilmente non sia quella di un cieco atlantismo e di un sostegno indiscriminato ai bombardamenti su Gaza. Uscendo dal teatrino sul campo largo che a volte appare, più spesso si inabissa tra veti e ripicche. Se non sapranno farlo, sarà assai difficile pensare di proporsi come un’alternativa al governo Meloni.