Per i residenti di Herat, Lashkargah e Kandahar, tre delle principali città afghane, sono ore di drammatica incertezza. Negli ultimi due-tre giorni i Talebani hanno infatti sferrato una triplice offensiva, riuscendo a entrare nei distretti periferici di queste importanti città e combattendo duramente contro le forze governative, che per ora sono riuscite a impedire la conquista dei nuclei centrali delle città, ma non a evitare il progressivo accerchiamento da parte del gruppo guidato da mullah Haibatullah Akhundzada.

A KANDAHAR, storica roccaforte del gruppo nel momento della sua nascita e ascesa, in particolare nella metà degli anni Novanta e ancora negli anni successivi, quando ospitava lo storico leader mullah Omar, i Talebani hanno condotto operazioni di rappresaglia, secondo un recente rapporto curato da Human Rights Watch.

Sarebbero infatti andati a cercare i parenti più stretti dei «collaborazionisti», accusati di aver lavorato per il governo di Kabul o per le forze di sicurezza. E li avrebbero uccisi.

Secondo l’Afghanistan Independent Human Rights Commission, i Talebani avrebbero condotto rappresaglie anche contro i civili che nelle settimane scorse avevano plaudito alla provvisoria riconquista da parte delle forze governative del distretto di Spin Boldak, al confine con il Pakistan.

Mentre proprio ieri il New York Times ha confermato una notizia che già circolava da giorni: il corpo del fotografo indiano Danish Siqqiqui, ucciso mente era embedded con le forze speciali afghane a Spin Boldak, sarebbe stato oltraggiato dai Talebani, una volta che il e premio Pulitzer era già morto.

A LASHKARGAH, nelle scorse ore si è combattuto anche all’interno della città. Eravamo lì esattamente un mese fa: allora i combattimenti erano nella periferia della città, oltre il fiume. Ma tutti i residenti già aspettavano l’arrivo dei Talebani. Che ora sono arrivati.

Sono invece arrivati in ritardo – soltanto ieri pomeriggio – gli aiuti militari chiesti dal governatore della provincia per fronteggiare la nuova offensiva dei Talebani, che già lo scorso maggio avevano provato a sferrare un attacco alla città, in quel caso per verificare la prontezza degli americani nell’accorrere in aiuto dell’alleato di Kabul.

A testimoniare la gravità della situazione, in particolare per i civili, la dichiarazione di Emergency, che dal 2004 gestisce un ospedale per vittime di guerra a Lashkargah: nel centro chirurgico non ci sono più posti disponibili.

A HERAT la resistenza all’offensiva talebana passa, oltre che per i bombardamenti degli americani, anche per il vecchio signore della guerra e leader del Jamiat-e-Islami Ismail Khan, che si è fatto riprendere e fotografare mentre combatte, fucile in mano. Ismail Khan, dominus dell’area, non ha risparmiato critico al ministero della Difesa, in ritardo con gli aiuti, e agli americani, colpevoli di aver galvanizzato e legittimato i Talebani con l’accordo bilaterale firmato a Doha nel febbraio 2020.

Un accordo fortemente voluto dal presidente Donald Trump, poi confermato dal successore, Joe Biden, il quale ha soltanto posticipato di qualche mese la data finale del ritiro delle truppe americane, dall’1 maggio all’11 settembre 2021. Quella data si avvicina.

E I TALEBANI sono entrati in una fase della più generale offensiva militare che ha permesso loro di conquistare più della metà dei circa quattrocento distretti del Paese, con una rapidità e una facilità che ha sorpreso molti, in alcuni casi perfino loro. I Talebani finora avevano evitato di sferrare attacchi simili ai capoluoghi di provincia, in base a un tacito accordo con Washington, corollario dell’intesa formale firmata a Doha. Pochi giorni però gli Usa sono tornati a bombardare le postazioni talebane per ridare fiato alle forze di Kabul.

Gli studenti coranici sostengono che si tratta di una rottura palese dell’accordo di Doha, accordo che finora non ha impedito loro di macinare distretti su distretti e in molti casi di tornare a impiegare quei metodi violenti che nelle dichiarazioni ufficiali assicurano di non voler più adottare: in queste ore circolano sui social tra gli altri i video di due presunti criminali, uccisi e impiccati su un alto palo, in un distretto della provincia dell’Helmand.