«Non fermeremo le vostre attività». La garanzia che Emergency potrà continuare ad assistere la popolazione afghana anche sotto il nuovo regime è arrivata dal «dottor Omar», il delegato alle questioni sanitarie della compagine dei Talebani. L’Ong fondata da Gino Strada lo ha incontrato domenica scorsa. «Non siamo particolarmente preoccupati rispetto alla possibilità di svolgere il nostro lavoro con serenità», ha detto ieri in una conferenza stampa in diretta da Kabul Alberto Zanin, coordinatore medico dell’ospedale attivo nella capitale.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, Zanin ha disegnato uno spaccato di ciò che il Paese asiatico sta vivendo in queste ore convulse. Gli ospedali di Emergency sono uno specchio in cui si riflettono inevitabilmente gli avvenimenti circostanti. A Kabul la situazione è stabile in termini di conflitto e il punto più critico rimane l’aeroporto, così la media di ingressi ospedalieri rimane bassa, circa 15, e quelli che arrivano dal terminal internazionale, sei in 48 ore, raccontano di sparatorie e feriti da calca. Intorno la città sembra svuotata, ci sono molti checkpoint e poco traffico.

Per il momento non si registrano carenze di medicine e attrezzature. Nei contesti più difficilmente raggiungibili Emergency ha aumentato gli stock di riserve, in modo da avere autonomia per un periodo di cinque mesi (in genere sono tre). Situazione tranquilla anche nei distretti: sono pochi gli accessi agli ospedali arrivati dai 44 punti di primo soccorso sparsi sul territorio afghano.

Nella zona del Panjshir, dove si sono concentrate le forze di opposizione ai Talebani, fino a ieri non si registrava un aumento delle ospedalizzazioni. Segno che non erano in corso scontri. In vista di possibili offensive militari, comunque, l’Ong ha predisposto degli spazi nella struttura sanitaria locale per poter fronteggiare alti numeri di feriti.