Aveva 77 anni, era stato una colonna del Pci emiliano e poi uno dei fondatori dell’Ulivo con Romano Prodi. Nel 1999 Antonio La Forgia, morto ieri, lasciò la presidenza dell’Emilia Romagna e il Pds per confluire nell’Asinello di Prodi, in polemica con i compagni del Pds che frenavano sulla nascita del Pd.

Un gesto raro, che non gli ha impedito di continuare a fare politica, fino all’ingresso in Parlamento. Prima era stato assessore con i sindaci Zangheri e Imbeni, poi segretario comunale e regionale del Pds.

Negli ultimi due anni era stato colpito da un tumore aggressivo, pochi giorni fa aveva scelto la sedazione profonda, dopo aver salutato la moglie e i familiari, per porre fine alle sofferenze. La moglie Maria Chiara Risoldi ha deciso con lui di rendere pubblica la decisione. E ha raccontato le sue ultime ore sui social, contestando «l’ipocrisia di un Paese che permette a una persona di interrompere le cure ma non consente di andarsene. Il suo corpo è costretto a stare qui, ma la mente è già arrivata in un luogo più leggero».

Tantissimi i messaggi di cordoglio, Letta a a Bersani al sindaco di Bologna Lepore. «Un politico in grado di vedere prima il futuro», ha detto il governatore Bonaccini.