Le elezioni di oggi in Abruzzo hanno attratto considerevole attenzione in reazione al recente risultato in Sardegna in cui la coalizione di centro-sinistra e 5 Stelle ha superato, seppur di poco, quella di destra. Perché com’era in Sardegna, anche la Regione Abruzzo è governata dal centro-destra, grazie al 48% che la coalizione ottenne nel febbraio 2019 – 300 mila voti – quando i votanti furono il 53,1% degli aventi diritto, in calo dell’8,4% sul 2014.

Alla Lega, in quell’occasione, andarono ben 165mila suffragi, contro i 39mila di FdI. Nelle elezioni politiche del settembre 2023, però, mentre il numero di elettori che optò per il centro destra non mutò (ma l’affluenza salì al 64%, ed era stata del 75,5% nel 2018), assestandosi a 299mila (il 47,7%), alla Lega andarono solo 50mila voti, mentre FdI ne prese 175mila. Un ribaltamento interno alla destra, come in Italia.

NELLE ELEZIONI REGIONALI del 2019 solo 195.400 voti andarono al centro-sinistra (il 31,3%) e 126mila al M5S (il 20,2%). Nelle successive elezioni politiche, il centro-sinistra si fermò a 137mila (il 21,9%) e il Pd a 104mila (il 16,6%), mentre il M5S scese a 115mila (il 18,5%) e Azione + Italia Viva presero 39mila voti (6,3%): un totale di 291mila suffragi per l’insieme delle forze che oggi fronteggiano unite il presidente uscente. Sulla carta, quindi, un sorpasso è possibile, a giudicare la politica con i soli numeri.

Tuttavia, il voto riflette anche una situazione demografica, sociale ed economica che negli ultimi anni è venuta mutando o si è forze fossilizzata, generando insoddisfazione. Il quadro demografico è debole, la popolazione in calo. Nelle sue proiezioni recenti, l’Istat prevede che la regione perderà cinquemila residenti all’anno, in media, nei prossimi due decenni. Con la natalità in calo e un saldo naturale annuo di ottomila persone si aggiunge già ogni anno una migrazione verso altre regioni di novemila residenti e di quasi quattromila verso l’estero, non compensate dall’arrivo di immigrati. La popolazione nella cosiddetta “età lavorativa” è ora sotto le 793mila unità ma gli occupati sono solo 483mila. Di questi, quelli nella fascia di età 15-34 anni sono appena 103mila, 120mila sono laureati e 127mila hanno al più la terza media. Con 369mila dipendenti, di cui un quarto a tempo determinato e un sesto a tempo parziale, l’economia regionale appare fragile, nonostante i proclami degli industriali (e della giunta uscente).

GLI AUMENTI di occupazione recenti si sono avuti solo in agricoltura e nel turismo. Il prodotto lordo regionale, pur in crescita nel 2022 rispetto al 2021, è tale che il Pil pro-capite di 24.930 euro, maggiore di quello del Mezzogiorno, sia comunque di molto minore di quello del Centro Italia e del Paese intero (30mila euro).

L’Abruzzo, per molte ragioni, rimane una «terra di mezzo», più avanti del Mezzogiorno ma molto più indietro del Centro-Nord, come è sempre stato. Con qualche differenza che, negli ultimi anni, lo ha forse allontanato ancor di più. Sono alcuni dati del quadro sociale che preoccupano. Con una disoccupazione più alta della media italiana e l’alta quota di lavoro precario, il tasso di povertà (definizione Istat), ad esempio, è salito fino al 29,6% nel 2022: era il 27,7% nel 2021 e il 18,7% nel 2018. Tuttavia, mentre esso era allora inferiore a quello nazionale (20,3%) nel 2022 è stato di gran lunga superiore a quello (20,1%), anche se inferiore a quello del Mezzogiorno (33,7%).

COSA È DUNQUE SUCCESSO in Abruzzo per aversi un’inversione di tendenza così grave, proprio negli ultimi cinque anni? Anche le quote di persone che non hanno accesso ai servizi sono maggiori in Abruzzo che non nella media italiana. L’agricoltura forma ancora una buona fetta del prodotto regionale, ma essa non appare particolarmente avanzata né in grado di garantire un reddito di qualità, se non, forse, nel vitivinicolo. Le aree interne soffrono – e sono quelle che subiscono il calo demografico più pesante – e le uniche alternative che sono offerte loro dalle politiche di sviluppo sono quelle dell’agricoltura “sostenibile” e del turismo (ma la regione ha una quota di superficie destinata al biologico inferiore anche a quella del Mezzogiorno).