GIAPPONE

Il padiglione è affidato al collettivo Dumb Type: una installazione immersiva con specchi su quattro supporti che ruotano ad alta velocità, riflettendo i laser che proiettano testi sulla superficie di pareti – tutti i brani sono tratti da un manuale di geografia del 1850, che pone semplici ma universali domande. Le voci che leggono sono emesse da altoparlanti rotanti che fanno viaggiare i suoni per la stanza. Al centro, lo spazio è vuoto. (Giardini)

 

COREA

L’artista Yunchul Kim – la cui pratica fonde arte, letteratura, mitologia, filosofia e scienza – darà vita allo spettacolare Gyre. Un vorticoso evento cosmico ai Giardini che trasformerà il padiglione in un corpo che respira alimentato da particelle invisibili. Ci sarà un lampadario che scorre con l’acqua di mare di Venezia e  anche giganteschi nodi che si dimenano, inviterando i visitatori in un universo in cui oggetti, esseri e natura coesistono equamente. (Giardini)

 

 

CINA

L’installazione dal titolo Meta-Scape ricorduce alla versione moderna del concetto di jing, che si riferisce alla fusione di uomo e macchina. La scultura  Snowman di Wang Yuyang dominerà parte del padiglione; assomiglia a un nodo di forme triangolari e sarà ambientata all’interno di un giardino.  Fra le altre opere,  curato da Zhang Zikang, anche quelle di Xu Lei e Liu Jiayu.

 

SINGAPORE

Shubigi Rao, in collaborazione con la curatrice Ute Meta Bauer è l’artista scelta per il paese. Prima grande mostra internazionale del lavoro di Rao che segna il punto centrale del suo ambizioso progetto decennale, Pulp. Un’esplorazione della storia della distruzione dei libri e del suo impatto sul futuro della conoscenza: l’installazione presenta un prezioso manoscritto lirico, conducendo i visitatori in un viaggio attraverso i racconti universali di diverse comunità.  (Arsenale)

 

CANADA

Stan Douglas al Padiglione nazionale, tra Giardini e Magazzini del Sale n. 5, con i progetti 2011 ≠ 1848 e ISDN. Riconosciuto come uno degli artisti più acclamati del Paese e conosciuto all’estero, le sue opere multidisciplinari, film, fotografie e, più recentemente, produzioni teatrali, spesso riflettono sul potenziale evolutivo racchiuso in momenti storici cruciali. (Giardini)

 

 

GRENADA

Partendo dallo Shakespeare Mas – rappresentazione performativa dell’isola di Carriacou – e dalle sue contaminazioni di elementi africani, francesi, inglesi, scozzesi, italiani, la riflessione artistica vuole sottolineare il diritto alla diversità umana e culturale, quel “diritto all’opacità” teorizzato dal filosofo e scrittore della Martinica Edouard Glissant ed espresso nel titolo della mostra An Unknown that Does Not Terrify. In armonia con lo spirito della rassegna artisti autoctoni o originari del posto (Cypher Art Collective of Grenada: Oliver Benoit, Billy Gerard Frank, Ian Friday, Asher Mains, Susan Mains, Angus Martin, Samuel Ogilvie) e internazionali – da Anna Maria Li Gotti a Peter Nussbaum. (Giardino Bianco Art Space, via Garibaldi)

 

LIBANO

Il padiglione presenta i lavori della regista e videomaker Danielle Arbid (residente a Parigi) e dell’artista visivo Ayman Baalbaki (che vive e lavora a Beirut), con le scenografie ideate dall’architetta Aline Asmar d’Amman. Il mondo a immagine dell’uomo, titolo della mostra, si ispira alla vita quotidiana e invita a un viaggio simbolico dentro le pieghe del contemponraneo attraverso un tema, la città. Beirut, città cosmopolita, è il luogo in cui si incarna questo tema senza confini: tutti gli individui di tutte le culture possono interpretarlo e appropriarsene. (Arsenale, Artiglierie)

ARGENTINA

L’arte di Mónica Heller si sviluppa attraverso il disegno, la pittura, le animazioni 2D e 3D in una narrazione intensa di storie o favole, dove protagonisti sono persone e oggetti antropomorfi inseriti in un immaginario fantastico. Il suo lavoro si concentra sull’impatto emotivo, sociale ed esistenziale attraverso spesso l’uso per immagine della tecnologia come mezzo di interpretazione e sublimazione del reale. (Arsenale)

REPUBBLICA DI CUBA

Sull’isola di san Servolo si aprirà la mostra Terra ignota del padiglione cubano. Il titolo si riallaccia a un termine latino usato in cartografia per indicare le regioni che devono ancora essere esplorate o documentate.  Accanto a Terra ignota viene utilizzato anche Mare incognitum, entrambe espressioni latine che significano “terra sconosciuta” e “mare sconosciuto”, rappresentanti sia i limiti della nostra conoscenza che il nostro obiettivo di espanderli. Nel corso del XIX secolo, anche prima dell’avvento della fotografia aerea e delle immagini satellitari, la Terra ignota è scomparsa dalle carte geografiche, sebbene i fondali oceanici rimangano in gran parte non ancora mappati. Il termine è ormai una metafora di quel che non sappiamo. Gli artisti: Rafael Villares, Kcho, Giuseppe Stampone. (Isola di san Servolo)

 

 

SUDAFRICA

La squadra per la 59a Biennale di Venezia: Roger Ballen, Lebohang Kganye, Phumulani Ntuli, Amè Bell, Thuli Mlambo-James e Grace Rapholo. Into the Light, la mostra, guarda alla solitudine e separazione provocata dalla pandemia come stimolo per leggersi dentro. Un viaggio alla scoperta di sé. Per esempio,  in B(l)ack to Fairy Tales, Lebohang Kganye interpreta e fotografa se stessa in modo autobiografico come protagonista nelle fiabe occidentalizzate della sua infanzia, ma ambienta tutto in una township sudafricana. (Arsenale)

 

NEPAL

Al suo debutto, la mostra inaugurale presenterà il lavoro di Tsherin Sherpa, che sta lavorando in collaborazione con artisti locali. Tales of Muted Spirits – Dispersed Threads – Twisted Shangri-La si concentrerà sulle concettualizzazioni problematiche del Nepal e della regione himalayana come fosse un’utopia remota e monastica. “In contraddizione con un’utopia mitica, avvolta nella felicità, longevità e beatitudine, c’è la realtà di popoli intricati e interconnessi che hanno ripetutamente sperimentato spostamenti, perdite e l’insormontabile compito di ricostituire le proprie vite”. (Sant’anna Project Space One)

 

 

 

TURCHIA

In One upon a time, l’artista Füsun Onur racconta una storia evocativa usando un approccio minimalista, rivolgendo uno sguardo critico alla condizione contemporanea e inevitabilmente alla pandemia. Raffigura una lotta condotta da gatti e topi, uniti contro le logiche di governo dell’antropocentrismo, che nuoce alla natura e al pianeta dominando con arroganza. Figure realizzate piegando e attorcigliando il filo metallico danzano, fanno musica, viaggiano e si innamorano. Ideata come fosse uno spettacolo teatrale, l’installazione apre le porte a un mondo nuovo in un momento in cui la vita di tutti è cambiata. (Arsenale)

AZERBAJGIAN

Stiamo vivendo una vita reale, o il nostro mondo è solo una simulazione ben fatta, e noi siamo solo linee in un codice informatico, zeri ed uno? Qualcuno più intelligente di noi, più avanzato e tecnologicamente superiore alla nostra civiltà, ha creato tutto questo mondo, l’universo – per caso, come un esperimento, o forse per divertimento. Il padiglione dell’Azerbaigian presenta le opere di sette artiste azerbaigiane contemporanee che attinge dal fenomeno della “Coscienza Infinita dell’Universo”. Per esempio, con le sue immagini della vita che ci circonda, di ogni oggetto o momento non solo captati dalla macchina fotografica, ma piene di significato nascosto Agdes Baghirzade cerca diraggiungere un senso spirituale e divino. Oppure c’è la figura della scultura Saltation di Fidan Akhundova riflette le diverse fasi della vita della donna. compreso il salto nell’ignoto.

 

KYRGYZSTAN

Un padiglione dell’Asia centrale new entry che presenta Gates of Turan dell’artista Farman Farmaian. Prende il nome dalla parola persiana Tūrān, che significa “la terra del Tur”, regione storica che comprende oggi Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e le parti settentrionali dell’Afghanistan e del Pakistan. I Turani originari erano una tribù nomade iraniana dell’età avestica, e i loro discendenti costituiscono quelle  dell’Asia centrale e dell’Iran. Firouz Farman Farmaian, nomade di origine persiana e artista  ha attinto alla sua eredità tribale e alla sua pratica socialmente impegnata per creare un’installazione immersiva: dieci Shirdak cuciti a mano e infeltriti a mano, per rappresentare gli stendardi di dieci comunità nomadi dell’antica Turan. Su uno sfondo nero, gli stendardi conducono a un monumentale tündük – la copula centrale della tradizionale yurta Krygzy. (Giudecca Art District)

URUGUAY

Il progetto Persona dell’artista Gerardo Goldwasser approfondisce il tema proposto da Cecilia Alemani, curatrice della Biennale Arte 2022, a partire dal libro di Leonora Carrington: La storia nera della Donna Bianca. Una donna bianca si vestiva di nero. / Nero su nero. / Neri i pigiami e pure il sapone. /Aveva tutto nero. / Nero come la notte. /Nero come il carbone. / Ma quando piangeva, le scendevano lacrime / blu e Verdi come pappagallini. / Quando suonava il flauto piangeva molto. L’artista mette in scena i modi di coprire ed esporre i corpi, di disciplinarli e anche di distinguerli, come ogni essere umano costruisce il suo aspetto. (Giardini)

 

STATI UNITI

Il padiglione Usa è affidato all’arte di Simone Leigh, per la cura di Eva Respini. Leigh – prima artista nera a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia – è nata a Chicago nel 1967 e risiede a New York. Per la sua personale ha realizzato una nuova serie di sculture in bronzo e ceramica che sottolineano il suo lavoro sulla resilienza delle donne black. Attingendo alle tradizioni artistiche dell’Africa e della diaspora africana, usa una strategia che definisce «la creolizzazione della forma», intrecciando linguaggi culturali disparati a vicende della colonizzazione. Per saperne di più: (simoneleighvenice.org)

 

*** a cura di Arianna Di Genova