La Polonia si tinge nuovamente di nero. E questa volta non sono gli ombrelli delle donne scese in piazza per protestare contro l’ennesimo disegno di legge antiabortista.

Ieri non ha piovuto a Varsavia e a sfilare in corteo sono state le toghe giunte nella capitale polacca dal resto del paese e da tutta Europa per dire nie alla legge-bavaglio sulla magistratura voluta dal governo della destra populista di Diritto e giustizia (PiS). I media locali e le forze all’opposizione preferiscono chiamarla «provvedimento museruola».

Il significato non cambia: i magistrati che metteranno in dubbio l’operato e le sentenze degli organi giuridici polacchi, anche se in conflitto con la giustizia Ue e i trattati internazionali, potranno essere puniti dalla camera disciplinare a nomina politica creata dal PiS e già operativa da diversi mesi.

È STATA UNA PROTESTA singolare e trasversale quella di sabato pomeriggio con una posta in gioco che va ben oltre la tenzone diplomatica tra Bruxelles e Varsavia in materia di stato di diritto, le «deforme» della giustizia portate avanti dal PiS negli ultimi cinque anni di governo e gli interessi particolari dei giudici europei.

«I nostri colleghi polacchi così come tanti altri nel mondo sono stati al nostro fianco sostenendo la nostra causa e condividendo le nostre sofferenze», ha scritto dal carcere il giudice turco Murat Arslan in una lettera inviata all’associazione della magistratura polacca Iustitia, uno dei principali organizzatori del «corteo delle mille toghe».

«Tutti i governi che hanno tendenze autoritarie attaccano una magistratura indipendente, l’unico vero ostacolo alla sottomissione totale dei cittadini», ha aggiunto Arslan, vincitore del premio Vaclav Havel per i diritti umani nel 2017 e condannato dodici mesi fa a 10 anni di carcere dal regime di Erdogan con l’accusa di terrorismo.

Giovedì il Senat, la camera alta del parlamento polacco, in cui il PiS ha due senatori in meno rispetto all’opposizione, aveva criticato aspramente il provvedimento.

Ma in Polonia il bicameralismo è imperfetto e il Senato al massimo potrebbe giocarsi la carta dell’ostruzionismo presentando una pioggia di emendamenti. E anche se il Senat decidesse di bocciare la legge nella sua interezza, la camera bassa del Sejm (in cui invece il partito di Jarosław Kaczynski ha la maggioranza) non avrebbe difficoltà a far approvare il testo con o senza modifiche.

La nuova iniziativa del governo è un altro tassello importante nel processo di orbanizacja della magistratura voluto dal «superministro alla giustizia» e procuratore generale Zbigniew Ziobro e dagli altri falchi del PiS. Un progetto nato in risposta al pronunciamento della Corte suprema polacca del 5 dicembre scorso in cui il massimo organico giuridico ha dichiarato che il Consiglio nazionale della magistratura (Krs) non risponde ai criteri di indipendenza del diritto Ue e che la camera disciplinare istituita dal governo non può essere considerata un tribunale.

Nella scorsa legislatura il PiS era riuscito a modificare il meccanismo di nomina dei membri del Krs, che ora sono scelti dal potere politico. Tra le competenze del Krs anche la nomina dei membri della Corte suprema su cui la formazione fondata dai fratelli Kaczynski prova da anni e tra mille difficoltà a esercitare la propria influenza.

UNA PARTITA che va avanti da molto tempo quella tra il PiS e la corte presieduta da Małgorzata Gersdorf, figura emblematica della lotta contro la czystka, la campagna di epurazione dei magistrati cominciata più di cinque anni fa con la riforma del Tribunale costituzionale e l’avvicendamento forzato dei giudici non scelti dal PiS.

Nel giugno 2018 la Cgue aveva poi giudicato contraria al diritto europeo la normativa sul prepensionamento dei membri della Corte suprema, imposta dal governo condannando Varsavia a reintegrare i 27 membri allora rispediti a casa dal governo per ragioni anagrafiche.

Il «corteo delle mille toghe» è stato anche segnato dalla rimobilitazione di numerosi cittadini che avevano già protestato il mese scorso davanti a tutti i tribunali del paese contro il nuovo provvedimento annunciato il 13 dicembre scorso, all’indomani del 38° anniversario dell’introduzione della legge marziale nel paese.

Tutti in nero dunque, ma il colore del jabot che serve da distintivo per le diverse professioni di giustizia in Polonia non era lo stesso per tutti i presenti in piazza. Al corteo partito da piazza Krasinskich, sede della Corte suprema polacca, e proseguito poi in direzione del Sejm hanno preso parte infatti anche procuratori e avvocati. Non potevano mancare i giudici affiliati a Medel, rete della magistratura progressista europea, arrivati da tutto il continente.

«L’AVVERSIONE nei confronti dei meccanismi di controllo e un potere che non vuole rendere conto del proprio operato. Sono forse queste le cose a destare maggiore preoccupazione», ha dichiarato l’ex presidente di Medel Vito Monetti, giunto a Varsavia dall’Italia insieme ad altri colleghi europei.