Sono passati tre giorni dalle elezioni che hanno partorito, grazie a una legge elettorale folle, ben due vincitori (il Movimento 5 Stelle e la coalizione di centro-destra) è già la commissione europea fa sentire forte e chiara la sua voce: il debito è troppo alto e la produttività troppo bassa. La situazione delle banche non è pienamente consolidata, la disoccupazione resta alta. Ci sono rischi «di implicazioni transnazionali, in un contesto di crediti deteriorati ancora elevati e bassa occupazione». è il primo avvertimento contenuto nel pacchetto d’inverno del semestre europeo, illustrato ieri nel corso di una conferenza stampa dal vice-presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e dai commissari Marianne Thyssen e Pierre Moscovici.

Secondo l’esecutivo comunitario, il rapporto tra il debityo pubblico e il Pil in Italia dovrebbe stabilizzarsi attorno al 130% nel periodo 2017-2019. Tuttavia non è stato ancora avviato un percorso di riduzione stabile, contrariamente a quanto è stato assicurato fino a ieri dal ministro dell’Economia Padoan. Ed è anche presto per dire che tipo di correzione sarà necessaria e se servirà quello 0,3% chiesto a novembre. Bisogna aspettare prima i dati definitivi del Pil 2017.

Resta il cuscinetto anti-choc del «quantitative easing» della Bce di Draghi che assicura il rifinanziamento del debito. I rischi tuttavia non sono scomparsi. Man mano che Draghi chiuderà i rubinetti, la situazione economica non tarderà ad invaertirsi, incidendo tra l’altro sulla «ripresa» tanto celebrata dal Pd in campagna elettorale, ma tenuta in vita con il «Qe» di Francoforte. La «competitività esterna» dell’economia nazionale è «migliorata», ha riconosciuto la Commissione Ue, ma sarà difficile recuperare i livelli precedenti a causa della bassa inflazione e delle perdite inflitte dalla crisi al sistema produttivo.

Da Bruxelles sottolineano che i custodi dell’ordine economico saranno «flessibili» sui tempi di presentazione del Documento di Economia e Finanza (Def) e il Programma Nazionale di Riforme (Pnr). “Terremo conto del calendario” politico e istituzionale dopo il voto, ha chiarito Moscovici. è una precisazione di un certo rilievo perché il Def e il Pnr si presentano di solito ad aprile e contengono il libro dei sogni dei governi in carica. Valutazioni di solito corrette, anche in maniera macroscopica, in vista della legge di bilancio di autunno. La Commissione Ue non è sicura che ad aprile l’Italia avrà un governo. Le prime schermaglie del dopo-voto, anzi, allontanano sine die la composizione di un esecutivo che sembra destinato ad avere breve vita. In attesa della formula magica – sul modello Napolitano tra il 2013 e il 2014 – il vice-presidente della Commissione Dombrovskis ha riconosciuto che «un governo ad interim potrebbe non avere piena autorità di bilancio». Dunque smentisce parzialmente quanto è stato fatto credere nei giorni precedenti al voto. Gentiloni resterà in attesa del coniglio dal cilindro, ma è preferibile fare presto. Si resta a guardare, mantenendo alta la tensione che potrebbe degenerare presto. «Seguiremo la prassi già adottata in situazioni simili»