«Dall’inizio della guerra vivo con la consapevolezza che potrei essere costretto a lasciare Slovjansk da un giorno all’altro, ma i primi mesi era più dura, ora credo che le cose stiano cambiando, il nostro esercito ha dato prova di essere forte e faremo tutto il possibile per restare qui», conclude così la nostra intervista Vadym Liakh, sindaco di Slovjansk dal 2015.

L’abbiamo incontrato ieri nel suo ufficio sulla piazza centrale della città, mentre fuori le sirene suonavano senza sosta e i colpi di artiglieria scandivano il passare del tempo.

«La situazione in città è molto difficile, nell’ultima settimana i bombardamenti si sono intensificati in modo significativo e stamane (ieri) ci sono stati un altro morto e 4 feriti. Abbiamo seri problemi con le forniture d’acqua e di energia elettrica: i russi colpiscono intenzionalmente le infrastrutture della città. Noi cerchiamo di ripararle il più in fretta possibile ma ogni giorno diventa più difficile perché i combattimenti si stanno avvicinando e non tutte le zone sono raggiungibili. Il gas, invece, manca da più di un mese. Nonostante queste difficoltà cerchiamo di tenere in funzione i servizi essenziali, i mezzi pubblici ad esempio, ora sono gratuiti».

Ma il cibo si trova ancora?

Abbiamo attivato diverse forme di sussidi a scaglioni per i più bisognosi e riceviamo forniture dal governo centrale. Ma cerchiamo di mantenere i bancomat attivi in modo che i residenti possano ancora avere denaro disponibile per comprare il necessario. Da questo punto di vista la situazione qui è leggermente migliore che in altri centri della regione. Inoltre, continuiamo le evacuazioni e io personalmente invito costantemente i residenti a lasciare la città. Nel distretto di Slovjansk prima del 24 febbraio c’erano circa 100mila persone, ora ne sono rimaste 23-24mila di cui 4mila bambini.

Dopo l’abbattimento del ponte verso Lyman il pericolo che i russi arrivino da nord è scampato?

La maggior parte delle forze russe che puntano a Slovjansk è concentrata a Izyum. Questi reparti provano ad aggirare il fiume Seversky Donets per evitare di esporsi alla nostra artiglieria ma, ogni volta che ci hanno provato, il nostro esercito li ha respinti. Tuttavia, c’è la possibilità che provino a sfondare da Bakhmut, perché ora che hanno conquistato Severodonetsk e sono vicini a Lysychansk, potrebbero tentare un attacco da est.

Si dice che, dopo Severodonetsk, Slovjansk sarà la prossima roccaforte ucraina nella regione, è così?

È risaputo che, dopo Severodentsk e Bakhmut, Slovjansk e Kramatorsk sono le città in cui abbiamo la maggior parte delle nostre difese nell’area. Di conseguenza è altamente probabile che, dopo la presa di Lysychansk e l’avanzata verso Bakhmut, Slovjansk sarà uno dei cardini della nostra difesa. Anche perché qui si incrociano molte strade importanti e quindi per i russi è di fondamentale importanza strategica tentare di occuparla.

La ritirata di Severodonetsk era programmata? Ne eravate a conoscenza?

Sono almeno due settimane che si sapeva della ritirata. Anche perché la città ha svolto la sua funzione di difesa in maniera egregia. Siamo tutti consapevoli che ormai si tratta di una guerra in cui bisogna sfiancare il nemico e è da molto tempo ormai che non si parla più di «guerra lampo». In questa stessa ottica bisogna salvaguardare il più possibile le vite dei nostri militari per riuscire a resistere e quindi credo che la scelta di ritirarsi dalla città sia stata la più razionale. La strategia principale dello stato maggiore ucraino in questa fase è quella di estenuare il nemico per infliggergli più perdite possibile e, allo stesso tempo, esporre i nostri uomini al minimo indispensabile.

Dopo la caduta del capoluogo del Lugansk la situazione è cambiata? Ci sono stati spostamenti di truppe? Nuove misure di ordine pubblico?

Dal punto di vista militare non sono io a decidere, dal punto di vista amministrativo non è cambiato nulla. L’organizzazione per la difesa di Slovjansk è iniziata i primi giorni della guerra e continuerà finché sarà necessario.

È vero che gli Himars americani sono già arrivati?

Sono informazioni riservate che non si possono rivelare, ma circolano già diversi video di questi armamenti in azione verso Izyum, quindi si può pensare in qualche reparto devono già esserne arrivati.

In diverse interviste tra Lugansk e Donetsk abbiamo raccolto testimonianze di civili che dicono di non odiare la Russia, alcuni si sono spinti anche oltre, affermando di attendere l’arrivo dei russi. Come interpreta queste dichiarazioni?

Ovviamente, persone del genere vivono anche a Slovjansk ma sono una piccola parte e dopo l’inizio della guerra sono diminuite ancora di più perché hanno potuto vedere con i propri occhi cosa ha fatto l’esercito di Mosca. Con molti di loro ho parlato negli ultimi mesi, anche stamattina, dopo i bombardamenti mi è capitato di dover spiegare cosa sta succedendo in realtà. C’è ancora chi è convinto che sia l’esercito ucraino stesso ad attaccare le proprie città. Ma questo succede perché sono esposti alla propaganda russa e non gli interessa vedere la realtà.

Ha mai sentito il presidente Zelensky personalmente?

No, c’è una gerarchia, io rispondo al governatore regionale e lui al presidente.

Dal 2015 a oggi, data la situazione con i separatisti e il fatto che una guerra era già in corso, anche se a bassa intensità, aveva mai avuto la percezione che si potesse arrivare al punto in cui siamo oggi?

Che la guerra in questa regione continuasse me lo aspettavo, perché la questione del Donbass non si è mai chiusa in fondo. Che la Russia volesse unire tutto il Donbass era prevedibile, ma non avrei mai pensato a un’invasione su vasta scala verso Kiev, Kharkiv, Zaporizhzhija e il resto del Paese.

Di cos’è che ha più bisogno Slovjansk al momento?

Dal punto di vista concettuale, filosofico diciamo, di pace. Dal punto di vista pratico, i bisogni cambiano costantemente perché la situazione muta di continuo. Se si continua così, arriveremo a un punto in cui non si riuscirà più a far fronte alla mancanza dell’acqua e del gas e, considerando la lentezza degli occidentali a mandare armi e aiuti umanitari, stiamo già pensando ad attrezzarci per l’inverno facendo scorta di vestiti pesanti.