Dal partito-stato allo stato-partito. I confini tra Partito comunista e Repubblica popolare cinese si fanno sempre più labili. Oltre all’indissolubile fusione politico-concettuale, si rafforza l’osmosi tra la macchina partitica e quella statale. Come talvolta sia ormai indistinguibile dove finisce Xi Jinping e dove inizia il Partito, così pare diventare indistinguibile dove finisce il Partito e dove inizia lo Stato.

MENTRE LE DICHIARAZIONI del neo ministro degli Esteri Qin Gang provvedono agli effetti pirotecnici, dalle “due sessioni” in corso a Pechino emerge infatti una significativa riorganizzazione degli organi governativi e statali, dopo quella operata già nel 2018.
Parole d’ordine esplicite: riorganizzazione, razionalizzazione, efficientamento. Parole d’ordine implicite: concentrazione e accentramento. Con un obiettivo di fondo: far sì che l’immenso apparato statale sia in grado di compiere scelte più rapide ed efficaci per raggiungere gli obiettivi prioritari della Cina. In tempo di burrasca e «rischi strategici», ha detto d’altronde ieri Xi ai delegati dell’Esercito popolare di liberazione e della Polizia armata membri dell’Assemblea nazionale del popolo, «occorre creare un nuovo sistema strategico nazionale integrato». Sul fronte militare, dice Xi, la necessità è «rafforzare gli aspetti scientifici e tecnologici della Difesa per un esercito forte e per vincere guerre».

Visione che si intreccia con la riforma in attesa di ratifica nei prossimi giorni dall’organo legislativo cinese, che tra le altre cose riduce del 5% il personale delle entità del Consiglio di stato. Tra le tante novità, c’è la ristrutturazione del ministero della Scienza e della Tecnologia: rafforzate le sue competenze di pianificazione strategica, allocazione delle risorse, supervisione e ispezione.

MA VERRÀ ISTITUITA anche una Commissione centrale per la scienza e la tecnologia «per rafforzare la leadership centralizzata e unificata del Comitato Centrale del Partito». Il nuovo organo sarà responsabile del coordinamento delle politiche atte a perseguire l’autosufficienza tecnologica, una delle priorità assolute. Il Partito, che dallo scorso ottobre ha tra le sue figure apicali sempre più tecnocrati, punta a guidare in modo più deciso l’attività delle entità statali e private per colmare il ritardo sui semiconduttori e puntellare il vantaggio raggranellato in altri settori come l’intelligenza artificiale.

Supervisione accentrata anche sul settore digitale: in arrivo una nuova agenzia governativa per la gestione dei dati. Si tratta(va) di una delle poste in palio della campagna di rettificazione dei grandi colossi privati, col governo che negli ultimi anni ha spesso spacchettato il controllo dei dati per assumerne ora una gestione più diretta. L’agenzia assumerà alcune delle competenze della Commissione centrale per gli affari del cyberspazio e della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme e sarà incaricata anche di coordinare le politiche relative all’economia e alla società digitali.

LA NUOVA CREAZIONE dotata forse del più ampio spettro di competenze sarà però l’Amministrazione nazionale di regolamentazione finanziaria che, alle dirette dipendenze del Consiglio di Stato, sarà responsabile di tutti i tipi di politiche e attività finanziarie con esclusione del settore dei titoli. Incorporerà alcune mansioni della banca centrale, con possibile impatto sulle quotazioni delle aziende private. La volontà annunciata è quella di fissare regole più precise in linea con gli obiettivi di una crescita più stabile e con meno rischi come quelli corsi di recente sul settore immobiliare. Potenziate le competenze anche del ministero dell’Agricoltura e degli affari rurali.
In tempi di burrasca, per navigare il timoniere ha bisogno di una nave più rapida.