A Mykolayiv ci si lava con l’acqua salata. L’ennesimo passo verso il ripristino di una normalità assurda è stato compiuto così. Le condutture idriche sono danneggiate da marzo e l’ingente afflusso di militari per la controffensiva verso Kherson ha reso le scorte cittadine molto scarse. D’altronde, era a Mykolayiv che si combatteva per difendere Odessa ed è da qui che gli ucraini stanno provando a riconquistare i territori del sud occupati dai russi. Nel frattempo, l’artiglieria di Mosca colpisce senza sosta la città portuale e la scorsa notte l’ennesimo missile ha centrato delle abitazioni civili.

DOPO IL TRAMONTO le luci sono ancora spente, il rischio di diventare l’unico punto luminoso visibile dall’alto è troppo grande per trasgredire a questa raccomandazione. «Non si tratta di una regola, non si è obbligati, ma chi se la sente di mettere a rischio i propri cari e i vicini?» mi spiega una ragazza mentre entriamo nell’hotel. Qui non consegnano più una tanica d’acqua per ogni ospite come qualche settimana fa, ma dai rubinetti esce acqua di mare diluita con acqua dolce. Dalle file di fronte alla Croce Rossa per accaparrarsi una tanica d’acqua alle autobotti donate dalle città vicine, oggi, mentre il mondo guarda a Izyum e all’eventualità che la ritirata russa abbia lasciato dietro di sé una nuova scia di crimini di guerra, fosse comuni e torture ancora da svelare, a Mykolayiv si vive così.

CHI VIVE ALL’INGRESSO di Odessa racconta che la strada statale è spesso invasa da un gran frastuono di sirene che indicano l’arrivo in città delle ambulanze. Portano i feriti del fronte sud dei quali gli ospedali odessiti sono ormai pieni. Infatti prenotare una visita è quasi impossibile: i militari hanno la priorità e su ciò non si discute. Non è chiaro quanti siano questi feriti ucraini né, tanto meno, le autorità hanno mai fornito cifre sul numero dei caduti. Da parte russa continuano a parlare di perdite ingenti, alcuni canali di Mosca si sono spinti fino a tremila.

IERI LA NOTIZIA che gli ucraini avrebbero conquistato Kyselivka è stata smentita dal governatore della regione di Mykolayiv, Vitaly Kim. «A Kyselivka si combatte ancora duramente» ha spiegato Kim con un insolito dietrofront. Il motivo della rettifica è semplice: in primavera la linea del fronte tra Mykolayiv e Kherson si è attestata poco dopo Posad-Pokrovsk, da dove abbiamo più volte raccontato le avanguardie ucraine di stanza nelle case coloniche riadattate a caserme. Posad è a circa metà strada tra i due capoluoghi, in una zona di boschi e stradoni dritti senza difese. Sfondare Posad vorrebbe dire avanzare fino alla prossima postazione russa, la penultima trincea prima dell’ambita Kherson. In tal senso la conquista di Kyselivka significherebbe che gli ucraini sono effettivamente a 15 km dal loro obiettivo. In altri termini che anche al sud la controffensiva stia procedendo con successo per Kiev. Tuttavia, al momento, non è così.

DALL’ALTRA PARTE del fiume Dnipro, intanto, continuano gli attentati dei partigiani ucraini ai danni dei «collaborazionisti». Da quando l’auto del vice-direttore della prigione di Kherson, ucraino passato dal lato russo, è stata fatta saltare in aria mesi fa, gli attentati si sono moltiplicati, soprattutto nelle zone di Melitopol e Zaporizhzhia. Ieri il vice-sindaco filo-russo di Berdiansk, Oleg Boyko, è stato freddato insieme alla moglie Ludmila in circostanza ancora da chiarire nei pressi del loro garage. Lo hanno riferito le autorità occupanti lasciando intendere (cosa più che plausibile) che si trattasse di un agguato. Nelle stesse ore, nel cuore della repubblica separatista del Lugansk, territorio filo-russo indipendente d facto dal 2014, un’esplosione in un edificio amministrativo ha ucciso il procuratore generale Sergey Gorenko e la sua vice. Lo riferisce l’agenzia di stampa russa Ria Novosti, ma la notizia non è stata commentata dal lato ucraino.