Nelle campagne della Francia del nord un uomo ara la terra, e raccoglie vecchi ordigni inesplosi risalenti alla seconda guerra mondiale. In un piccolo paese non troppo distante facciamo poi la conoscenza di Pauline, la protagonista (interpretata da Emilie Duquenne) di A casa nostra di Lucas Belvaux, in sala dal 27 aprile. Pauline – madre single, gentile e volenterosa – è un’infermiera che gira di casa in casa a dare assistenza a persone sole, povere, emarginate. Il dottor Berthier (André Dussollier), che la conosce da tempo, intravede in lei il possibile volto amabile, «del popolo» e popolare da presentare alle elezioni comunali con il suo partico politico, guidato da Agnès Dorgelle: omologa cinematografica di Marine Le Pen e del suo Front National. Inizialmente titubante, Pauline si lascia infine convincere dalle lusinghe di Agnes e Berthier: «Non siamo né di destra né di sinistra», lo scopo è aiutare la gente che soffre, fare finalmente la differenza.

Come Pauline, anche buona parte del paese viene sedotto dal populismo del partito di Agnès e dall’estrema destra che lo nutre. Ha radici antiche e nascoste a malapena come quelle bombe che continuano a riaffiorare nei campi, e allo stesso tempo si diffonde attraverso il web anche tra le nuove generazioni che – come il figlio di un’amica di Pauline – su internet seminano odio razzista e diffidenza nei confronti dell’«altro».
In Francia A casa nostra ha attirato le polemiche del FN ancora prima di uscire: dopo aver visto solo il trailer Florian Philippot, vicepresidente del partito, ha scritto su twitter: «La democrazia francese è sempre più malata: un film ’anti FN’ uscirà in piena campagna presidenziale. Finanziato da voi».                                       

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A casa nostra sembra dettato da un forte intento politico.
La mia intenzione era di mostrare, raccontare, piuttosto che dimostrare qualcosa. Volevo fare il ritratto il più possibile obiettivo dell’odierna estrema destra francese, con tutte le sue componenti: ne fanno parte anche persone che non ritengono di avere quell’orientamento politico, ma poi concordano con i principi del Front National. Va considerato che oggi il 50% dei francesi pensa che il FN non sia un partito di estrema destra: è importante quindi mostrare come lo sia, e in che modo.

Nel film infatti vengono messi in evidenza diversi «livelli» della destra estrema: c’è il partito, ma ci sono anche i neonazisti violenti.
Personaggi come Agnès o il dottor Berthier rappresentano la componente più «pura» a livello ideologico, che fa riferimento a una destra estrema, dai valori quasi medievali legati al sangue e alla terra. Ma ci sono per esempio anche gli opportunisti: tutte quelle persone che non potrebbero fare carriera in altri partiti politici e quindi si rivolgono all’estrema destra, dove è più facile arrivare a ricoprire posizioni di prestigio in poco tempo: nel Front National possono bastare pochi mesi per entrare nelle liste municipali, o anche nazionali. Un ultimo livello è quello delle persone arrabbiate, che si sentono abbandonate, sperdute e magari sprovviste di legami sociali come molti dei pazienti di Pauline nel film. Sono coloro a cui il Front National si rivolge.

L’ascesa di questi partiti in Francia come altrove è stata repentina e apparentemente inarrestabile.
Credo che il miglior modo di parlare della situazione generale sia proprio raccontare un microcosmo. Le dinamiche della Francia del nord raccontate nel mio film non sono esclusivamente francesi:ovunque il populismo nasce e prospera sulla disfatta dei partiti politici tradizionali. In Francia l’estrema destra è riuscita a mettere al centro del dibattito politico i propri temi, è venuta allo scoperta una certa tipologi di pensiero – alcune affermazioni che negli anni Sessanta o Settanta sarebbero state ritenute inaccettabili, gli sloganrazzisti e beceri hanno cominciato a circolare: sulla stampa, in televisione, nel dibattito pubblico. In particolare per quanto riguarda le generazioni più giovani il consenso è stato costruito intorno al tema dell’identità: un falso problema, che investe piuttosto la sfera intima e personale.

Il partito del film si presenta però come «né di destra né di sinistra».
Dire che non esistono destra e sinistra equivale a negare l’esistenza delle classi sociali, di interessi antagonisti, delle differenze che caratterizzano il tessuto sociale. La democrazia ha bisogno di riconoscere questo antagonismo per negoziare continuamente un compromesso. I populisti che negano queste differenze legittimano l’esistenza di una sola comunità nazionale, unita dagli stessi bisogni. È una visione totalitaria della società in cui chi non condivide l’idea propugnata dal partito – e dunque per associazione dal popolo tutto – è un nemico della gente.