«Un salvataggio si considera concluso solo quando i naufraghi sbarcano in un porto sicuro. Quindi non stiamo chiedendo niente di speciale, né noi né i migranti, ma solo il rispetto dei trattati internazionali. E questo rende la situazione che stiamo vivendo ancora più assurda». Il presidente di Sos Mediterranée Alessandro Porro risponde da bordo della Ocean Viking, la nave della ong europea che da dieci giorni naviga nel Mediterraneo in attesa che qualcuno risponda finalmente alle sette richieste di un porto sicuro avanzate dall’equipaggio.

La risposta che metterebbe fine all’odissea della nave potrebbe arrivare da Malta o dall’Italia, ma nessuno dei due Paesi finora si è fatto sentire ufficialmente, anche se la situazione potrebbe sbloccarsi domani con il trasferimento dei migranti a bordo della nave-quarantena Moby Zaza. «Dobbiamo aspettare che qualcuno muoia per poter sbarcare?», chiedeva ancora ieri sera Sos Mediterranée tornando a sollecitare l’intervento dell’Unione europea.

Nel frattempo la situazione a bordo peggiora di momento in momento. Dopo i sei tentativi di suicidio in 24 ore, per i 180 migranti è sempre più difficile resistere alla pressione psicologica di questi giorni. Per 44 di loro, i più vulnerabili, due giorni fa l’ong ha chiesto l’evacuazione e successivamente il comandante ha dichiarato lo stato di emergenza per il rischio di non riuscire più a controllare la situazione.

Per tutta risposta ieri mattina da Pozzallo è partita una motovedetta della Capitaneria di porto con a bordo un medico e un mediatore culturale. «Il dottore ha provato a rassicurare le persone», spiega Porro. «Ha parlato con i principali gruppi etnici e ha detto che farà di tutto per farci sbarcare. Ma non ha disposto l’evacuazione che avevamo richiesto almeno per 44 migranti».

Dove vi trovate e com’è adesso la situazione a bordo?
Siamo a 17 miglia dalle coste della Sicilia, in acque internazionali, e facciamo avanti e indietro in attesa di notizie. Per quanto riguarda la situazione, invece, è tesa come una corda di violino. Le persone soffrono di un acuto stress psicologico, sono stanche. Non sappiamo per quanto tempo riusciremo a garantire la calma. Alcuni migranti sono aggressivi verso gli altri, si verificano liti. E’ una situazione nuova per noi. Il medico ha prescritto dei tranquillanti, ma non possiamo obbligare nessuno a prenderli. Facciamo il possibile per mantenere l’ambiente sereno, ma non è facile. Lo stato di emergenza permane, speriamo di poter sbarcare presto.

Teme ci siano rischi per equipaggio?
No, ma siamo tutti supervigili e stanchi.

Intanto prosegue il silenzio da parte delle autorità italiane.
Leggiamo l’invio di un medico come un segnale, una risposta che aveva suscitato molte speranze nei migranti. Le aspettative erano alte: viene il medico e ci porta da qualche parte, pensavano in molti. Invece il medico è venuto ma non è successo niente.

A bordo avete anche 25 minori e due donne. Come stanno?
I cinque bambini più piccoli si trovano in infermeria con le due donne. Gli altri più grandi, di 15-16 anni, sono invece con gli uomini. Una della donne è incinta al quinto mese, ha una pancia molto grande ma per fortuna sta bene.

Cosa pensate di fare adesso?
Attendiamo direttive dalle autorità. Abbiamo fatto tutto quello che era possibile: per sette volte abbiamo chiesto un porto verso il quale andare e poi abbiamo dichiarato lo stato di emergenza. Ora continuiamo ad aspettare che qualcuno ci dica cosa fare. Una cosa però ci tengo a dirla…

Prego
E’ assurdo arrivare a situazioni come quella che stiamo subendo. Avere un porto dove sbarcare i naufraghi è un diritto, se lo tolgono ai migranti lo tolgono a tutti. Questo degli sbarchi negati è un teatrino che va avanti da anni in attesa che si arrivi a un sistema di salvataggio europeo, che è quello che chiediamo da molto tempo e che invece ancora non si vede.