L’ombra di Trump sul processo di pace in Colombia. Il presidente colombiano Manuel Santos e il segretario di Stato aggiunto per Narcotici e sicurezza degli Usa, William Brownfield, hanno tenuto una riunione a porte chiuse a Bogotà su «lotta al narcotraffico» e post-accordo di pace con la guerriglia marxista Farc. Al termine, Brownfield ha dichiarato che «per la legge degli Stati uniti, le Farc restano una delle organizzazioni narcotrafficanti più grandi del mondo e un organo del terrorismo internazionale» per cui restano nella lista nera di Washington.

Aggiungendo che i fondi decisi da Obama per il «post-conflitto» potrebbero essere tagliati. Brownfield, che è stato ambasciatore in Colombia tra il 2007 e il 2010, ha spiegato che i tagli ai «programmi di aiuto internazionale» sono visibili già nel bilancio della Casa Bianca per il 2018: fino al 37%. Una situazione – ha concluso – che potrebbe essere migliorata se il segretario di Stato Rex Tillerson interverrà con Trump prima che il Congresso Usa approvi il bilancio. Quel che di certo non verrà tagliato è l’aiuto di Washington alle istituzioni che «promuovono la democrazia» nei paesi invisi alle politiche nordamericane, come Cuba e Venezuela, e gli altri paesi che si richiamano al «socialismo del XXI secolo». Trump considera che Cuba «con tutto quel che le abbiamo regalato, non ha concesso niente in cambio, e bisogna rivedere gli accordi». Il Venezuela resta una minaccia da combattere con sanzioni e con il ribaltamento degli equilibri commerciali, e occorre far cadere con ogni mezzo un altro pezzo importante dell’Alba, l’Ecuador al secondo turno delle presidenziali il 2 aprile.

Intanto la Colombia di Santos vuole entrare nella Nato e il seguito degli accordi di pace, firmati il 24 novembre scorso, è tutto in salita. Con 86 voti a favore e 17 contrari, la Camera dei deputati ha approvato la partecipazione politica delle Farc, che avranno di diritto cinque seggi e potranno partecipare alle elezioni del 2018. Intanto, su proposta del senatore Ivan Cepeda, la sinistra colombiana cerca di cogliere l’occasione storica per unirsi e presentare un’alternativa comune alle destre.

Entro il 1° giugno dovrà concludersi il processo di disarmo delle Farc. I guerriglieri sono stati concentrati in 26 zone di transizione, ma hanno denunciato l’inadempienza del governo rispetto agli accordi e minacciato di interrompere il percorso. Anche la seconda guerriglia storica, quella guevarista dell’Eln che sta negoziando in Ecuador e in Venezuela, chiede maggiori garanzie. Molte organizzazioni contadine, soprattutto di donne, hanno scritto alle guerriglie di non cedere le armi, per non lasciarle in balìa dei paramilitari e delle forze di repressione. Solo nei primi mesi del 2017 sono già 25 i leader comunitari e i difensori dei diritti umani uccisi in Colombia. Molte delle uccise sono donne, com’è stato ricordato l’8 marzo dallo Sciopero globale delle donne, che si è tenuto in 54 paesi con una grande partecipazione. Per questo, una rete di comunità indigene, afrodiscendenti e contadine riunite nella Cumbre Agraria, Campesina, Etnica y Popular -Cacep, ha iniziato un presidio pacifico a oltranza davanti al ministero dell’interno colombiano.