Almeno 9 persone sono rimaste uccise e 47 ferite in un attacco compiuto questa domenica dai miliziani jihadisti di al-Shabaab in un hotel di Kisimayo, fondamentale città portuale del sud della Somalia. Il ministro della sicurezza dello Jubaland, Yusuf Hussein Osman, ha dichiarato lunedì che «l’attacco è stato compiuto da quattro persone: un primo attentatore suicida, seguito dall’irruzione di 3 uomini armati successivamente uccisi dalle forze di sicurezza».
La capitale dello Jubaland, situata a 500 chilometri a sud di Mogadiscio, è stata per diverso tempo una roccaforte del gruppo jihadista che traeva delle solide entrate economiche dall’attività portuale, prima che la città fosse riconquistata, nel 2012, dalle autorità governative.
Il gruppo islamista degli al-Shabaab, affiliato ad al-Qaeda, ha rivendicato la strage sostenendo di aver «preso di mira un hotel dove si stavano incontrando membri dell’amministrazione di Jubaland». L’attacco si aggiunge al triplice attentato del 6 ottobre contro un edificio governativo nella città centrale di Beledweyne che ha causato 30 vittime e il ferimento di altre 58 persone.

NEGLI ULTIMI MESI al-Shabaab ha aumentato la sua attività in Somalia per confermare la propria volontà di combattere «un governo apostata appoggiato da paesi stranieri» e «per vendicare la morte» del leader storico e co-fondatore del movimento, Abdullahi Yare, ucciso ad inizio mese da un raid aereo delle forze statunitensi.
Dopo lo spettacolare assalto, durato oltre 30 ore, contro un hotel di Mogadiscio a fine agosto (21 vittime e oltre 120 feriti), il neopresidente Hassan Cheikh Mohamoud ha promesso una «guerra totale» contro la formazione jihadista e ha invitato la popolazione civile ad «abbandonare le aree controllate dagli al-Shabaab per evitare di essere uccisa dalla controffensiva e dai bombardamenti dell’esercito governativo».
Tra settembre e ottobre le forze di sicurezza e le milizie dei clan locali, supportate dagli attacchi aerei dell’esercito Usa, hanno consentito al governo centrale di ottenere alcune vittorie e di riconquistare terreno. Alla controffensiva militare si è aggiunta la scelta da parte del governo di isolare tutti gli account social di al-Shabaab. In una conferenza stampa il ministro dell’Informazione, Abdiarhman Yusuf, ha annunciato l’entrata in vigore, dal mese di ottobre, della legge che «vieta ai media locali, pena un procedimento legale, di coprire gli attacchi dei terroristi», decisione giudicata da numerosi organismi internazionali come «una repressione della libertà di stampa», pur non coinvolgendo i corrispondenti stranieri in Somalia.
Oltre all’insurrezione jihadista di al-Shabaab, la Somalia è minacciata anche da un’imminente carestia, causata dalla più grave siccità degli ultimi 40 anni. Secondo le Nazioni unite «in tutto il paese 7,8 milioni di persone (quasi la metà della popolazione) sono colpite dalla siccità e dalla carestia con almeno 250mila civili in grave pericolo di vita».