Urne aperte oggi nel secondo paese petrolifero dell’Africa per elezioni generali che vengono definite «storiche» in quanto dovrebbero in teoria decretare il tramonto del presidente José Eduardo dos Santos. L’ex leader della guerriglia marxista dopo essere subentrato a Agostinho Neto è rimasto in carica per 38 anni, in un crescendo di autoritarismo e affarismi di famiglia che lo hanno portato a controllare l’intera economia, i settori strategici e buona parte dei media in Angola, paese con i tassi di crescita (e di reiterata diseguaglianza) tra i più esuberanti del mondo.

Dopo lunghe esitazioni dos Santos ha deciso di non ricandidarsi. Così gli angolani che vanno a votare per la terza volta dalla fine della guerra civile che ha insanguinato il paese tra il 1975 e il 2002 si troveranno di fronte il delfino designato, l’attuale ministro della Difesa João Lourenço, 63enne candidato del Movimento popolare di liberazione dell’Angola (Mpla), che già annuncia di voler «continuare l’opera di Neto» e di intensificare «l’impegno contro la corruzione». Segno evidente che fin qui abbiamo scherzato.

Le alternative, assai poco accreditate dai sondaggi, sono costituite da Isaias Samakuva, leader dell’Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’Angola (Unita), gli eterni nemici che durante il conflitto godevano dell’appoggio degli Usa e del regime razzista sudafricano; Abel Chivukuvuku, ex Unita spinto da una coalizione denominata Casa-Ce; Benedito Daniel e il suo Partito per il rinnovamento sociale (Prs); Lucas Benghim Gonda in rappresentanza del Fronte nazionale di liberazione dell’Angola (Fnla); Quintino António Moreira per l’Alleanza patriottica nazionale. Tecnicamente si tratta di elezioni legislative, dove però la formazione che vince esprime direttamente il presidente della Repubblica. L’Unita ha già sporto denuncia contro la Commissione elettorale per una storia di candidature bocciate.

Comunque vada dos Santos si è assicurato una onorevole buonuscita anche in termini politici. Resterà alla guida del partito, così come sua figlia Isabel (coinsiderata la donna più ricca del continente) resterà al vertice della compagnia petrolifera di stato, Sonangol.