Assolta la Casa delle Donne Lucha y Siesta alla quarta udienza del processo penale per occupazione abusiva che vedeva imputata la presidente dell’associazione. Le attiviste hanno dato la notizia ieri appena uscite dal tribunale a Piazzale Clodio.

Al loro fianco una scritta su uno striscione fucsia, «l’antiviolenza non si processa», diventata realtà per le estese reti trans-femministe sotto attacco. «Questa assoluzione è una vittoria collettiva, è del movimento tutto» sottolinea infatti Chiara, attivista, prima di dare spazio alle altre associazioni presenti. La Casa internazionale delle donne, Differenza donna, Cooperativa BeFree, Nudm, Ponte donna e Scosse.

Un vento di buone notizie era già passato lo scorso 24 Novembre quando Atac si è ritirata da parte civile. L’azienda per la mobilità della capitale, proprietaria dello stabile, aveva infatti chiesto un risarcimento di 1 milione e 300 mila euro per l’occupazione iniziata nel 2008. I dettagli dietro le motivazioni dell’assoluzione – spiega l’avvocata della Casa delle donne Federica Brancaccio – saranno disponibili tra due settimane. «Ma ritengo che siano state completamente accolte le nostre argomentazioni e quindi la totale carenza in questo caso dell’elemento soggettivo e oggettivo del reato, cioè l’invasione vera e propria e della volontà di sottrarre questo bene traendone ogni profitto».

La Casa delle Donne Lucha y Siesta è ormai un punto di riferimento per il movimento transfemminista a livello nazionale e per le persone vittime di violenza di genere nella capitale. «Fornisce 15 posti letto rifugio sui 300 che dovrebbero essere quelli di Roma secondo la Convenzione di Istanbul». «La magistratura oggi ha dimostrato coraggio grazie alla sempre maggiore consapevolezza rispetto alla violenza di genere», dice Carla di Befree, «abbiamo visto un’impennata delle chiamate al 1522 – aggiunge Maura Cossutta della Casa internazionale delle donne – ma copriamo ancora solo il 3 per cento rispetto agli standard europei». Senza Lucha i rifugi e gli spazi di fuoriuscita dalla spirale di violenza sarebbero ancora di meno.

Ma finita la battaglia contro il comune, prosegue quella contro la Regione Lazio guidata dalla destra che ha comunicato di voler mettere lo stabile a bando dopo la revoca della Convenzione tra la Regione e la Casa delle donne. «La Regione dovrà mettere da parte l’atteggiamento carico di pregiudizi che ha finora dimostrato di avere con la revoca dell’unico strumento valido perché costruito insieme all’istituzione stessa», avvertono le attiviste. Anche secondo Claudio Marotta, capogruppo Avs in consiglio regionale, «Lucha y Siesta è e rimane un bene comune al centro della città e non deve essere sfrattata». Maura Cossutta rilancia: «Noi abbiamo vinto – riferendosi al comodato d’uso ottenuto dalla Casa prima sotto sgombero – e così sarà per Lucha».

La vittoria al processo dà nuova benzina alla battaglia della rete di attivismo contro la violenza patriarcale. «Oggi festeggiamo e domani ripartiamo» dicono. L’avversario è diverso, ma la visione avanzata e difesa è la stessa: la violenza di genere va affrontata dalle città strutturalmente. Ogni giorno, oltre le cadenze rituali, e in luoghi competenti con personale professionalizzato.